“In base alla sua [Marx] previsione, largamente verificatasi, di forte e crescente processo di centralizzazione dei capitali, la proprietà degli stessi avrebbe assunto prevalentemente, mediante quel potente strumento giuridico rappresentato dalla società per azioni, la forma del possesso di pacchetti di maggioranza o di quote di controllo delle stesse. I proprietari capitalisti si sarebbero sempre più staccati dalla direzione – anzi da ogni presa in carico – dei processi produttivi, affidati a gruppi di dirigenti salariati, divenendo meri rentier, percettori di reddito che era pur sempre plusvalore (pluslavoro) ma ormai dissimile dal profitto goduto da quel capitalista che, come scrisse “Marx nelle ‘Glosse’ a ‘Wagner’, è “un funzionario necessario della produzione capitalistica” che “non si limita a ‘prelevare’ o ‘rapinare’, ma al contrario impone la ‘produzione del plusvalore’, contribuisce cioè innanzitutto alla creazione di ciò che sarà prelevato” (con buona pace di quegli ignoranti che hanno attribuito a Marx, confondendolo con Proudhon, l’affermazione: “la proprietà è un furto”)” [Gianfranco La Grassa, Finanza e poteri, 2008]