“Fino ad ora la parola di un Italiano non poteva essere che modesta, anzi modestissima, nei rapporti del socialismo internazionale. Tutto al più avea valor di convincimento personale, o di promessa e di speranza da parte di pochi precursori liberamente e spontaneamente associati. Mancava il fermento della massa proletaria, che risultasse dal sentimento di una determinata situazione economica. Ora ciò è cambiato. Coi tristi casi di Sicilia il proletariato è venuto su la scena. Questa è la prima volta in Italia, che il proletariato, con la coscienza di classe oppressa e con la tendenza al socialismo, sè trovato di fronte alla borghesia. Alla prima mossa è succeduta rapida la repressione.  Ma ciò non rimarrà senza effetto. Gli stessi errori commessi serviranno di ammaestramento. La stessa borghesia, che per difendersi ha bisogno di reprimere, fa da maestra. D’ora innanzi non ci sarà che progresso. Il socialismo, come forza impulsiva, investirà la massa proletaria. Cinquanta anni fa C. Marx ha detto (ripeto il senso, non le parole), che non importa di guardare a quello che il singolo pensa o dice, né a quello che tutti i proletari pensano o dicono, ma a quello a cui i proletarii sono necessariamente portati dalla loro stessa situazione. L’Italia di ora conferma. Antonio Labriola, Roma, 10 aprile 1894 (4)” [Antonio Labriola, a cura di Aldo Zanardo, Lettere di Antonio Labriola a L. Mariano e J. Guesde, a V. Adler e W. Ellenbogen, a G.V. Plechanov, 1892-1900, Annali Feltrinelli 1962, edizione 1963] [(4) Questo breve scritto di Labriola fu pubblicato col titolo ‘Da una lettera di un compagno italiano’ nell”Arbeiterzeitung’ del 24 aprile 1894, n. 33. In italiano è stato riprodotto in E. Ragionieri, op. cit., p. 340]