“Gli inglesi posseggono ‘tutte le premesse materiali’ necessarie per la rivoluzione sociale. Ciò che loro manca è lo ‘spirito della generalizzazione’ e la ‘passione rivoluzionaria’. Solo il Consiglio generale può colmare la lacuna, esso solo è in grado di accelerare un movimento veramente rivoluzionario in questo paese e in conseguenza ‘ovunque’. (…) L’Inghilterra non deve essere trattata semplicemente come un paese uguale a tutti gli altri paesi. Deve essere trattata da ‘metropoli del capitale’. (…) Se l’Inghilterra è il baluardo del landlordismo e del capitalismo europei, l’Irlanda è l’unico punto dove si può sferrare il grande colpo contro l’Inghilterra ufficiale. In prima linea l’Irlanda è il baluardo del landlordismo inglese. Qualora cadesse in Irlanda, cadrebbe anche in Inghilterra. In Irlanda l’operazione è cento volte più facile, perché ‘la lotta economica vi è concentrata esclusivamente sulla proprietà terriera’, perché qui questa lotta è allo stesso tempo ‘nazionale’ e perché qui il popolo è più rivoluzionario e inasprito che non in Inghilterra. Il landlordismo in Irlanda si mantiene esclusivamente per mezzo dell”armata inglese’. Nel momento in cui cessa l’unione forzata tra i due paesi, scoppierà in Irlanda, sebbene in forme arretrate, una rivoluzione sociale. Il landlordismo inglese non solo perderebbe una grande fonte delle sue ricchezze, ma anche la sua ‘maggiore forza morale’, quella cioè di essere il ‘rappresentante del dominio dell’Inghilterra sull’Irlanda’. Dall’altra parte il proletariato inglese rende i suoi grandi proprietari terrieri nell’Inghilterra stessa invulnerabili, fintanto che mantiene in piedi il loro potere in Irlanda. In secondo luogo la ‘borghesia inglese’ non ha soltanto sfruttato la miseria irlandese per comprimere con l”emigrazione forzata’ degli irlandesi poveri le condizioni della classe operaia in Inghilterra, ma essa ha inoltre diviso il proletariato in due campi nemici. L’ardore rivoluzionario dell’operaio celtico non si è fuso col temperamento vigoroso, ma lento dell’anglosassone. Vi è al contrario ‘in tutti i grandi centri industriali dell’Inghilterra’ un profondo antagonismo tra il proletariato irlandese e quello inglese. Il comune operaio inglese odia quello irlandese come concorrente che comprime i salari e il ‘tenore di vita’. Egli prova per lui delle antipatie nazionali e religiose. Egli lo considera su per giù come i ‘bianchi declassati’ (‘poor whites’) negli stati meridionali dell’America del Nord considerano gli schiavi negri. Questo antagonismo tra i proletari dell’Inghilterra viene nutrito e tenuto desto ad arte dalla borghesia. Essa sa che questa scissione è il ‘vero segreto del mantenimento del suo potere’. Questo antagonismo si riproduce anche al di là dell’Oceano Atlantico. Gli irlandesi scacciati dai buoi e dai montoni dalla loro terra natia si ritrovano negli Stati Uniti, dove formano una parte considerevole e sempre crescente della popolazione. (…) L’Irlanda è l’unico pretesto del governo inglese per mantenere un ‘grande esercito permanente’ il quale, dopo essersi fatto un’educazione soldatesca in Irlanda, viene scatenato, quando occorre, contro gli operai inglesi, come lo si è visto. In una parola, ciò che l’antica Roma ci ha fatto vedere in misura colossale, si ripete ai nostri giorni in Inghilterra. Un popolo che ne soggioga un altro, ribadisce le proprie catene. Il punto di vista dell’Associazione Internazionale di fronte alla questione irlandese è dunque molto chiaro. La sua prima esigenza è quella di spingere avanti la rivoluzione sociale in Inghilterra. A questo scopo occorre portare il colpo decisivo in Irlanda” [Karl Marx, Lettera a Kugelmann del 18 marzo 1870 (comunicazione confidenziale destinata al Comitato di Braunschweig)] [(in) Karl Marx, Lettere a Kugelmann, 1950]