“La filosofia sociale di Marx poggiava sul fatto, da essa per la prima volta chiaramente portato al fuoco dell’attenzione, che s’era verificato nel corso dell’Ottocento un mutamento sociale di primissima importanza: il sorgere alla consapevolezza politica ed infine al potere politico della classe operaia. Come fu detto nel precedente capitolo, questo fatto aveva determinato un cambiamento di rotta nel pensiero liberale, ma Carlo Marx ne colse l’importanza assai prima dei liberali. Specialmente negli studi storici, che formarono parte integrale della sua filosofia, egli presentava per la prima volta il capitalismo in quello che si potrebbe chiamare il suo aspetto umano, come una istituzione che aveva prodotto ed andava sempre più estendendo una classe di uomini che vivono soltanto del loro salario e che sono legati perciò ai loro datori di lavoro soltanto da un rapporto economico. La loro capacità di lavoro è una merce, l’unica merce di valore economico che possiedano, che si compra in un mercato libero dove l’unico obbligo dell’acquirente è di pagare il prezzo corrente. Il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro tende così a svestirsi  di significato umano e di obbligo morale e diventa semplicemente un rapporto di potenza. Giustamente Marx vide in una siffatta situazione il fatto potenzialmente più rivoluzionario della storia moderna: da un canto una classe definita dal possesso dei mezzi di produzione e mossa soprattutto dalla necessità di creare dei profitti; dall’altro il proletario dell’industria, privo di qualsiasi potere se non attraverso la pressione di masse ben organizzate (…)”. [George H. Sabine, Storia delle dottrine politiche, 1967]