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“Sin dal 1902, l’opera polemica intitolata ‘Che fare?’, per una voluta reminiscenza del celebre romanzo di Cernyscevskij che ebbe una vasta eco negli ambienti rivoluzionari dell’epoca (90), mette in rilievo l’importanza capitale dell’ideologia rivoluzionaria agli effetti del movimento rivoluzionario. In questo opuscolo, Lenin si scaglia contro l’opportunismo che, con Bernstein, Millerand ed alcuni altri, ha invaso i partiti socialisti europei (91) ed ha contaminato il Partito social-democratico russo. Essi negano, egli afferma, la possibilità di dare al socialismo un fondamento scientifico e di dimostrare la necessità del movimento socialista dal punto di vista di una concezione materialistica della storia. Questo opportunismo, egli scrive, «dichiara inconsistente la concezione stessa dello “scopo finale” e respinge categoricamente l’idea della dittatura del proletariato» (92), che tuttavia Marx aveva indicato come il proprio contributo essenziale alla teoria socialista (93). I riformisti arrivano così a «negare la ‘teoria della lotta delle classi’» (94). Fondandosi su F. Engels (95), dopo aver constatato che una tal situazione è divenuta possibile solo perché «la vasta diffusione del marxismo è stata accompagnata da un certo abbassamento del livello teorico» (96), Lenin proclama, per opporsi a questa corrente: «Senza teoria rivoluzionaria, nessun movimento rivoluzionario» (97), affermazione che sarà spesso ripresa dopo di lui. E’ questo un punto fondamentale. Egli constata che, «abbandonata alle sue sole forze, la classe operaia non può accedere che alla coscienza tradeunionista, vale a dire alla convinzione che bisogna unirsi in sindacati, condurre la lotta contro il padronato, reclamare dal governo queste o quelle leggi necessarie agli operai, ecc.» (98). La coscienza sociale nata dalla lotta sul piano economico o sociale è insufficiente: essa non può condurre ad una coscienza politica veramente rivoluzionaria. Il movimento operaio è incapace di elaborare da solo un’ideologia rivoluzionaria, un’«ideologia indipendente» nell’ambito di una lotta puramente economica (99). Ritornando senza citarle alle affermazioni di Carlo Marx sulla genesi dell’ideologia, egli prosegue: «In una società dilaniata dagli antagonismi di classe, non potrebbe mai esistere ideologia alcuna al di fuori o al di sopra delle classi» (100). La scelta è ‘unicamente’ tra ideologia borghese e ideologia rivoluzionaria: non vi è via di mezzo: «L’umanità non ha elaborato una “terza” ideologia» (101). Ogni sviluppo ‘spontaneo’ del movimento operaio, lo sottomette di fatto alla ideologia borghese. Da cui il rifiuto della «spontaneità» degli opportunisti russi e la condanna dell’«economismo» di questi stessi ambienti (102). La coscienza politica non può essere formata negli operai all’interno della loro lotta economica, basandosi unicamente e principalmente su questa lotta. «La coscienze politica di classe non può esser fornita all’operaio ‘che dall’esterno’, cioè dall’esterno della lotta economica, dall’esterno della sfera di rapporti tra operai e padroni» (103). Troviamo qui qualcosa di nuovo rispetto alle tesi di C. Marx, per il quale pare che la condizione proletaria in senso stretto fornisca la coscienza proletaria. Per accedere ad una coscienza politica autentica, bisogna acquistare la comprensione della ‘totalità’ dei rapporti sociali ed economici. «Il solo campo in cui sarebbe possibile acquistare questa conoscenza è quello dei rapporti di ‘tutte’ le classi e tutti gli strati della popolazione con lo Stato ed il governo, il campo dei rapporti di ‘tutte’ le classi tra loro» (104). Questa vera coscienza politica si acquisterà e si svilupperà sul piano teorico e pratico; Lenin insiste qui soprattutto sulla necessità, per la coscienza politica della classe operaia russa, di una formazione «fondata sull’esperienza della vita politica» (105). Essa dovrà sforzarsi di acquistare una «rappresentazione chiara» della natura economica, del contenuto politico e sociale delle differenti classi sociali. Essa l’acquisterà, prosegue Lenin (106), soltanto «con esempi viventi, con rivelazioni ancora tutte palpitanti su ciò che accade intorno a noi», con «rivelazioni politiche che investano tutti i campi» (107). In questa educazione politica attiva (108), la stampa avrà una parte importante, su cui egli insiste a lungo (109) così come i «rivoluzionari professionisti» (110) che avranno una funzione permanente di agitazione politica clandestina (111)” [Henri Chambre, ‘Il marxismo nell’Unione Sovietica. L’ideologia e le istituzioni sovietiche nella loro evoluzione dal 1917 ai nostri giorni’, Torino, 1957] [(90) Cernyscevskij, Cto delat’? (1863). Cfr. J.W. Bienstock, ‘Histoire du mouvement révolutionnaire en Russie’, I. (1790-1894)’, Payot, Paris, 1920, pp. 84-85 – N. Valentinov, ‘Vstreci s Leninysm’, Izdat. Imeni Cehova, New York, 1953, p. 103; (91) E. Halévy, ‘Histoire du Socialisme européen’, Gallimard, Parigi, 1948, pp. 191-192, 201-204; (92) Lenin, ‘Que faire?’ in ‘Oeuvres choisies en deux volumes’, Mosca, Tomo I, 1946, p,. 177; (93) K. Marx, Lettera a Weydemayer (5.3.1852): «Per quel che mi riguarda, non è a me che va il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna, né la loro lotta tra loro. Molto prima di me degli storici borghesi avevano descritto lo sviluppo storico di questa lotta delle classi e degli economisti borghesi ne avevano espresso l’anatomia economica. Ciò che io feci di nuovo, fu: 1°, di dimostrare che l”esistenza delle classi’ non è legata che a delle ‘fasi di un determinato sviluppo storico della produzione’; 2°, che la lotta delle classi ‘conduce’ necessariamente alla ‘dittatura del proletariato’; 3°, che questa stessa dittatura costituisce solo la transizione all”abolizione di tutte le classi’ e ad una ‘società senza classi’ …», in K. Marx et F. Engels, ‘Etudes Philosophiques’, p. 118; (94) Lenin, op. cit., p. 177; (95) F. Engels, ‘La guerre des paysans’, Prefazione, Ed. Soc. , Parigi, 1952, p. 24: «Bisogna riconoscere che gli operai tedeschi hanno saputo approfittare della loro situazione con rara intelligenza. Per la prima volta, da quanto esiste il movimento operaio, la lotta è condotta nelle tre direzioni: teorica, politica ed economico-pratica (resistenza contro i capitalisti) con armonia, coesione e metodo»; (96) Lenin, op. cit., p. 191; (97) Lenin, op. cit., p. 192; (98) Lenin, op. cit., pp 197, 238] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]