“I primi anni furono naturalmente di riflessione su quanto era accaduto in quel fatidico 1848. Oltre a un tentativo di ricostruire in Inghilterra la ‘Nuova Gazzetta Renana’, egli stese alcuni piccoli volumi, in parte destinati ad esser pubblicati su riviste, che commentavano acutamente la situazione creatasi dopo la fine del «primo atto del dramma rivoluzionario» (39). Nel 1850 furono composte ‘Le lotte di classe in Francia dal 1848 a 1850’, due anni più tardi ‘Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’ (40), e infine in questo stesso periodo vide la luce sulla ‘New York Daily Tribune’ (41) la ‘Rivoluzione e controrivoluzione in Germania’, frutto della collaborazione con Engels. «Le “potenze di ieri”, di prima dell’uragano del 1848, sono di nuovo le “potenze di oggi”… È difficile immaginarsi una disfatta più decisiva di quella subita su tutti i punti del fronte dal partito rivoluzionario – o meglio dai partiti rivoluzionari – sul continente. Ma che cosa significa questo? …» (42). Si trattava soltanto di attendere e di prepararsi. E il miglior modo di prepararsi era per Marx in quel momento fare giustizia di tutta quella «merda economica» (43) che aveva accompagnato il processo di produzione capitalistico, di tutti quei servitori della classe borghese che consideravano eterne le categorie della società contemporanea, dimenticando come esse fossero altrettanto transeunti di quelle dell’epoca classica o feudale, e inneggiando alla «genialità», alla «magnificenza», al «senso del sacrificio» del capitale come molla più vera che avesse dato impulso all’evoluzione della storia. Ed era questo il maggior difetto della scienza economica: quello di essere relativamente troppo giovane, nata nel periodo di formazione del sistema industriale, di cui aveva presto universalizzato gli elementi. Marx analizzò a fondo tutte le dottrine economiche fino ad allora formulate, maggiori o minori, moderne o antiche, e tutti gli aspetti pertinenti l’economia che presentavano autori più noti per altre discipline. Non c’è scrittore che non abbia trattato sia pur di sfuggita rapporti e condizioni di produzione che non sia stato letto e riletto da Marx: era un suo tipico metodo di studio, che gli faceva consultare, una volta iniziata l’indagine di un problema, tutte le opere composte sull’argomento, e che costituì per i suoi editori un vero e proprio tormento. In ‘Per la critica dell’economia politica’, pubblicata nel giugno 1859 per conto dell’editore Duncker di Berlino, venne data una prima forma organica alle sue ricerche; la stesura fu abbastanza travagliata, e lo dimostrano la precedente redazione del 1858 e l’introduzione del ’57, soppressa in seguito perché a carattere troppo generale e sostituita da quella del gennaio ’59, che è la più conosciuta. Certo non era facile mettere insieme un discorso continuo che coordinasse un materiale tanto vasto e formulasse allo stesso tempo una nuova interpretazione dei fenomeni economici; soprattutto il pubblico cui si rivolgeva appariva scarsamente maturo a ricevere l’insegnamento che gli veniva offerto (44). Tuttavia nella mente di Marx erano già chiari i punti su cui si doveva articolare la sua critica; nel 1858 infatti aveva concepito una ripartizione dell’opera in tre capitoli: 1. La merce, 2. Il denaro ossia la circolazione semplice, 3. Il capitale in generale. Di essi non videro la luce che i primi due; ma se da un lato egli giustificò questa mutilazione del programma originario con il fatto che «per la parte pubblicata, e data la natura stessa del soggetto, i porci non potranno ridurre la loro critica a semplici improperi di tendenze, e siccome l’insieme ha un’aria ‘exceedingly’ (45) seria e scientifica, costringe quelle canaglie a prendere poi ‘rather seriously’ (46) le mie idee sul capitale» (47), dall’altro l’aver lasciato da parte per il momento proprio il capitolo riguardante il capitale stava a dimostrare come la sua attenzione si andasse sempre più incentrando su quello specifico fattore del processo di produzione contemporaneo, la cui spiegazione avrebbe messo a nudo le piaghe dell’intera società borghese. ‘Per la critica dell’economia politica’ fu accolta col silenzio dai «colti e dagli incolti portavoce della borghesia tedesca»; rimase per Marx il punto di partenza di una indagine più approfondita. Essa costituì infatti quasi per intero la prima sezione del libro I del ‘Capitale'” (pag 29-31) [introduzione di Eugenio Sbadella a ‘Il Capitale’ di Karl Marx, Edizione integrale, GTE, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 2012] [(40) Ci sembra interessante, per mostrare quale fosse l’opinione di Marx su Luigi Bonaparte, citare l’inizio del libro da lui dedicato al suo colpo di Stato: «Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi avvenimenti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ma dimentica di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. Caussidière invece di Danton, Louis Blanc invece di Robespierre, la Montagna del 1841-1845 invece della Montagna del 1793-1795, il nipote invece dello zio. E la stessa caricature nelle circostanze che accompagnano la seconda edizione del 18 Brumaio!» (pag 9 ediz. Rinascita, 1947); (41) Marx fu a lungo il corrispondente europeo del quotidiano americano; (42) ‘Rivoluzione e controrivoluzione in Germania, trad. di P. Togliatti, Ed. Rinascita, 1949, p. 7; (43) Cfr. la lettera di Marx ad Engels del 2 aprile 1851, Ed. Rinascita, vol. primo del ‘Carteggio’, p. 213; (44) «L’economia politica è rimasta sino ad ora in Germania una scienza straniera». Vedi il Proscritto alla seconda edizione del ‘Capitale’; (45) Estremamente; (46) Piuttosto seriamente; (47) Lettera di Marx ad Engels scritta intorno al 13 gennaio 1859. ‘Carteggio’, vol. III, pp. 260-1]