“Al fondo della politica inaugurata dai bolscevichi nell’ottobre del 1917 stava la fiducia in un imminente scatenamento della rivoluzione socialista in tutto il mondo. Durante il periodo della guerra civile, come anche in quello immediatamente successivo, fu questo elemento a dare coerenza teorica e credibilità all’esperimento bolscevico. Senza di esso, affermava la teoria del partito, il socialismo in Russia non aveva alcuna prospettiva, e a questa concezione Lenin si mantenne fermo a lungo (6). (…) Oltre all’«assegnamento sulla rivoluzione mondiale», l’altro presupposto su cui la strategia bolscevica si fondava per superare lo scoglio rappresentato dall’estrema arretratezza e dagli squilibri sociali del paese, e per far rientrare la Rivoluzione d’ottobre nello schema dell’ortodossia marxista, era costituito dalla possibilità di realizzare la convergenza dell’insurrezione operaia con la guerra contadina, garantendo però al proletariato la guida del processo rivoluzionario, ipotesi che, Lenin ci terrà a precisare, lo stesso Marx aveva previsto per la Germania del suo tempo (7). Ma venendo meno il primo presupposto, anche quest’ultimo diventava problematico e concentrava su di sé tutte le tensioni di quella situazione contraddittoria. Ora, all’isolamento nei confronti del mondo esterno e del proletariato internazionale si aggiungeva il pericolo per l’avanguardia comunista e proletaria di rimanere isolata anche all’interno del paese, con una dittatura costruita sul vuoto e senza un sostegno da parte delle altre componenti della società russa. La necessità delle forme più estreme di militarizzazione e il crescente processo di statizzazione erano in gran parte riconducibili; come abbiamo visto, alla soverchiante presenza delle masse contadine e alla conseguente impossibilità di imporre altrimenti la disciplina e l’egemonia proletaria. Ora però gli effetti di questa medesima situazione si ripercuotevano ancora più profondamente, fin nel cuore del meccanismo della dittatura, sugli stessi rapporti fra la classe operaia e il «suo» Stato” (pag 103-104) [(6) Nel novembre 1920; commemorando il terzo anniversario della rivoluzione, Lenin disse: «Tre anni fa sapevamo che la nostra vittoria sarebbe stata durevole solo quando la nostra causa avesse trionfato nel mondo intero, perché noi avevamo cominciato la nostra opera facendo esclusivo assegnamento sulla rivoluzione mondiale» (V.I. Lenin, Opere complete, Editori Riuniti, 1954, volume XXI, p. 376); (7) Ivi, vol. XXXIII, p. 436. Vedi la lettera di Marx a Engels del 16 aprile 1856 in ‘Carteggio Marx-Engels’, Edizioni Rinascita, 1950, vol. II, p. 423]
Problemi interni relativi alla esiguità della classe operaia.
“Ma un’altra spiegazione venne avanzata [sul fatto che ‘dopo la presa del potere i ‘soviet’ cominciavano a non funzionare più’, ndr], forse più profonda, e comunque tale da prolungare i propri effetti anche oltre il periodo della guerra. Essa riguardava la condizione degli operai che dovevano esercitare la dittatura. Questo strato di operai, diceva Lenin, è troppo sottile (12). Dopo aver sottolineato come la burocrazia poteva essere distrutta solo facendo partecipare gli operai al lavoro sovietico, Lenin aggiungeva: «Oggi questo compito è estremamente difficile per noi, perché, come ho avuto occasione di indicare più volte, lo strato di operai che governa è eccessivamente, incredibilmente ‘sottile’» (13). E questo strato era così «sottile» poiché la gran massa dei lavoratori era completamente priva di cultura (14). Perfino l’opposizione (cosiddetta del «centralismo democratico») non poteva che condividere, nella sostanza, questa spiegazione formulata nel programma del partito. «Lo strato dei lavoratori avanzati, – disse Osinskij nella sua correlazione, – su cui soltanto può fondarsi il nostro apparato statale, è in Russia incredibilmente sottile», «e gli altri strati sono privi di cultura a causa dell’arretratezza del nostro paese». La militarizzazione imposta dalle esigenze della guerra, il contrasto fra la necessità di concentrare il potere e la spinta all’autonomia che veniva dai ‘soviet’, l’immaturità e la mancanza di cultura amministrativa dei lavoratori russi: questa la diagnosi sulla quale concordavano maggioranza e opposizione per spiegare il deperimento dei ‘soviet'” (pag 105-106) [(12) «Lo strato di operai che hanno di fatto diretto la Russia nel corso di quest’anno e attuato tutta la sua politica, questo strato, che ha costituito la nostra forza, è incredibilmente sottile in Russia. Se nel futuro uno storico raccoglierà i dati per stabilire quali sono le centinaia, le migliaia di persone che si sono sobbarcate a tutto questo lavoro, che si sono addossate il peso incredibile di dirigere il paese, nessuno crederà che questo sia stato ottenuto da forze così esigue» (Lenin, Opere complete, Editori Riuniti, 1954, vol. XXIX, p. 141-142); (13) Ivi, p. 164; (14) «Noi sappiamo benissimo che cosa significa l’arretratezza culturale della Russia, quel che essa fa del potere sovietico… sappiamo come questa incultura freni il potere sovietico e faccia rivivere la burocrazia» (Ivi, p. 159)]
[Massimo Boffa, Sulle origini della sovranità socialista in Urss nel periodo del «comunismo di guerra», (in) Critica marxista, Roma, n. 5 1975]