“Al marxismo europeo, più politico, meno dottrinario, legato con fili molteplici alle posizioni ideali più moderne, il materialismo filosofico e l’«indivisibilità» di politica e filosofia appaiono grossolani, semplicistici, infondati. Sempre nel ’27, nella ‘Die materialistische Geschichtsaufassung’, Kautsky giudica il ‘Manuale’ di Bukharin una delle espressioni più grossolane di materialismo economico (1), e osserva che quasi tutti i socialisti russi sono materialisti (2). (…) “Ma la distinzione fra marxismo sovietico e marxismo europeo, come viene elaborata dai socialdemocratici non è semplicemente la riorganizzazione di alcuni motivi teorici, non è il diventare esplicita e consistente di tutta una tradizione. Non si tratta di essere presenti, con caratteristiche proprie, nella articolata unità del marxismo. Essa è un aspetto della totale interruzione di continuità fra due parti del movimento operaio. La socialdemocrazia tedesca si trovava poi già sulla via di diventare un movimento strettamente politico afilosofico. Perciò rimasero in ombra gli evidenti elementi teorici comuni, in genere di natura positivistica, che si incontrano per esempio in Plechanov, in Kautsky e in Bukharin. Anzi, come si è visto, si tese più a sottolineare il «filosofismo», il «dottrinarismo» del marxismo sovietico, e non soltanto un contenuto particolare. (…) Questa, sommariamente, la situazione in campo socialista, l’ambiente in cui il libro di Bukharin parve probabilmente trascurabile espressione di un mondo del tutto diverso. Comuni in alcuni punti con quelle socialiste, ma in genere più complicate, sono le posizioni dei grandi intellettuali tedeschi verso il marxismo alla Bukharin. Per Sombart, per esempio, Bukharin dà una ‘richtige Darstellung’ del marxismo (3), cioè si tende in genere a concepire il marxismo come qualcosa di compatto, qualcosa che, da Marx ai bolscevichi, è e rimane materialismo volgare, economicistico (4). Ma, se si escludono alcuni che esagerarono questa tesi , che parlarono di ‘Bebel-Bolschewiki-Socialismus’, la distinzione fra marxismo filosofico sovietico e marxismo filosofico europeo, nel senso che si è indicato, diventa da allora un dato permanente della storiografia filosofica e libera da preconcetti verso il marxismo nel suo complesso. Le recensioni a Bukharin di alcuni intellettuali comunisti tedeschi (o che vivevano in Germania) non bastano certo a informarci adeguatamente sul fatto se i comunisti o una parte dei comunisti accettino la distinzione fra marxismo russo e marxismo europeo, se siano consapevoli di alcuni valori autonomi propri del marxismo tedesco ed europeo, se questa consapevolezza sia organica e radicata. (…) Sono testi così esigui che è difficile ricavarne qualche cosa di veramente indicativo. Sono interessanti le riserve, soprattutto le sottolineature dell’attività umana, eco della riscoperta che il marxismo tedesco fa in questi anni della prima ‘Tesi su Feuerbach’. Ma in quale rapporto conciliano Bukharin e Lenin? Si tratta di posizioni confuse, frettolose, in cui si riflettono probabilmente le preminenti preoccupazioni politiche, il prestigio del «più brillante» teorico russo (come allora si diceva di Bukharin) (5), la scarsa informazione del marxismo, l’opportunità di non mettere in mostra in certe sedi gli eventuali contrasti del fronte ideologico. Non a caso, a fronteggiare apertamente Bukharin, sono due intellettuali di mestiere, Fogarasi e Lukàcs. Fogarasi aveva collaborato, come Lukàcs , nel ’20-’21, al ‘Kommunismus’ di Vienna, la rivista che fu per un certo tempo «rivista dell’Internazionale comunista per i paesi dell’Europa sudorientale». Nel ’24, nella polemica su ‘Geschichte und Klassenbewusstein’, sarà attaccato da Deborin e Thalheimer (6) quale discepolo di Lukàcs. Lukàcs, Korsch e in secondo piano Fogarasi, Revay e alcuni altri furono allora il gruppo che pensò, filosoficamente, con maggiore originalità (abbiano valore transitorio o permanente le loro conclusioni) il marxismo, l’esperienza sovietica, le esperienze comuniste europee. Fogarasi ammette (7) che il ‘Manuale’ di Bukharin ha colmato una lacuna delle letteratura marxista. I lavori di Plekhanov e Gorter sono invecchiati e quello recente di Cunow è riformista. (…) Ancora più complessa, anche se forse ancora più limitata agli aspetti scientifici è la posizione di Lukàcs (…)” (pag 340-346) [(1) Seconda edizione, 1929, I, pp. 15, 19, 20; (2) Ibidem, p. 41; (3) ‘Der proletarische Sozialismus’, Jena, 1924, I, p. 127; (4) È chiaro che da parte socialdemocratica (per es. Bernstein, ‘Der Sozialismus einst und jetzt’, Berlin, 1923, p. 125, ma anche Bauer, Kautsky…) si preferisce sottolineare l’eterogeneità del bolscevismo rispetto al marxismo, presentarlo come qualcosa di squisitamente russo o asiatico e risolubile nel blanquismo, nel sindacalismo, nell’anarchismo ecc.; (5) Ma si legga anche ciò che scrive Lenin nel Testamento: «Dei giovani membri del comitato centrale vorrei dire alcune parole su Bukharin e Pjatakov. A mio parere questi sono le forze più capaci fra i giovani, ma non si può dimenticare riguardo a loro questo fatto: Bukharin è non solo il più valoroso e più robusto teorico del partito, ma può anche essere considerato apertamente il suo prediletto. Ciononostante le sue concezioni teoriche si possono considerare pienamente marxiste soltanto con le più grandi riserve, perché in lui fa capolino lo scolastico e non ha mai imparato la dialettica (io credo che non l’abbia mai capita)». Il testo è stato ormai pubblicato in vari luoghi. Cito da Ruth Fischer, ‘Stalin und der deutsche Kommunismus’, Frankfurt, 1948, pp. 294-5; (6) ‘Arbeiterliteratur’, 1924; (7) ‘Die Rote Fahne’, 1922, 19 nov.] [Aldo Zanardo, ‘Il «manuale» di Bukharin visto dai comunisti tedeschi e da Gramsci. (in) Studi gramsciani, Atti del Convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958; Editori Riuniti, Roma, 1969] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]