“Il Marx e l’Engels che si imposero fra il ’70 e il ’71 (e poi nell’anno seguente) furono essenzialmente politici. Da un lato descrissero gli avvenimenti – specie la guerra e i suoi riflessi, non solo europei ma anche americani – e da un altro lato furono ‘leaders’ e protagonisti dell’Internazionale, ebbero come referenti la classe operaia inglese, i movimenti repubblicani e poi sociali francesi, la socialdemocrazia tedesca nelle sue fasi inziali e i protosocialismi continentali di varia configurazione. Per contro, si scontrarono con eminenti avversari politici: dopo la sconfitta di Napoleone, con l’intera classe dirigente francese, sia con gli antichi cesaristi ed ex orléanisti sia con i dirigenti della neonata Terza repubblica sia, ancora, con i ceti governanti dell’intera Europa, dal Bismarck fondatore del ‘Reich’ germanico (febbraio 1871) a tutti i capi di Stato. Marx, soprattutto, venne rappresentato dagli avversari e dalla stampa continentale come il “demonio”, il terrorista che sgomentava i pacifici e tranquilli popoli, evocando gli antichi “spettri” del comunismo e del socialismo e spingendo all’azione sediziosa e “dinamitarda” i “petrolieri”: termine usatissimo, quest’ultimo, che evocava il fuoco che avrebbe distrutto la ‘civilisation’, la ‘Kultur’. Oltre a ciò, ci furono le articolate e informatissime esposizioni di Engels – qualche volta integrato da Marx – sulla guerra, con studi sistematici della o “delle” questioni militari, con l’analisi delle strategie messe in campo dagli eserciti contrapposti e del nuovo modello di belligeranza distruttiva, fatto valere soprattutto dalle “pratiche guerresche” dei generali tedeschi (F. Engels, La lotta in Francia (11 novembre 1870), in MEO, XXII, pp. 141-154)” [G.M. Bravo, Marx ed Engels: ‘Commune’, socialismo internazionalista e nazionale] [(in) Marx e Gramsci. Filologia, filosofia e politica allo specchio, a cura di Anna Di Bello, 2011]