“Il termine “classe” appare per la prima volta in Marx, se non mi sbaglio (perché ha potuto usarlo nei suoi articoli della ‘Rheinische Zeitung’, dove citava Proudhon con ammirazione), nel ‘Contributo alla Critica della Filosofia del Diritto di Hegel’, scritto nel 1843 e pubblicato negli ‘Annales Franco-Allemandes’; non bisogna confondere questa opera con la ‘Critica della Filosofia dello Stato di Hegel’ (1841-1842), dove il termine “classe” non appare malgrado le molte occasioni offerte dell’analisi della “società civile” e delle “corporazioni”. In ‘Contributo alla Critica della Filosofia del Diritto di Hegel’ (1843, vol. III, pp. 101-108), Marx ha scritto: “Il ruolo d’emancipazione passa successivamente, in un movimento drammatico, alle differenti classi del popolo francese, finché arriva alla fine alla classe che realizza la libertà sociale” (105). “Dov’è dunque la possibilità dell’emancipazione tedesca? Ecco la nostra risposta. Bisogna formare una classe con catene radicali, una classe della società borghese che non sia una classe della società borghese” (105). “Quando il proletariato annuncia la dissoluzione dell’ordine sociale attuale, non fa che enunciare il segreto della sua stessa esistenza, perché proprio esso costituisce la dissoluzione effettiva di quest’ordine sociale” (106)”  [Georges Gurvitch, Le classi sociali, 1971]