“Non v’è alcun dubbio che Lenin conoscesse tutto il Marx edito: e la sua non era una conoscenza di seconda mano. Conosceva quindi anche la ‘Questione ebraica’. V’è anzi una circostanza molto singolare: nella seconda metà del 1914 (in un periodo dunque abbastanza vicino agli studi sullo Stato), compilando un “breve saggio biografico ed esposizione del marxismo” per la voce ‘Karl Marx’ del Dizionario enciclopedico Granat (VII edizione), Lenin aveva dovuto far cenno dei due scritti di Marx sui ‘Deutsch-Französische Jahrbücher’ e aveva addirittura scritto che “negli articoli pubblicati su questa rivista Marx parla già come un rivoluzionario, assertore di una “critica inesorabile di tutto ciò che esiste”, e in particolare della “critica delle armi”, come un rivoluzionario che fa appello alle ‘masse’ e al ‘proletariato'”. Ma né qui, né in ‘Stato e rivoluzione’, e neppure nella più tarda lezione all’Università Sverdlov ‘Sullo Stato’, Lenin avverte le implicazioni profonde della critica dello Stato rappresentivo abbozzata da Marx nella ‘Questione ebraica’. Ovviemente Lenin non era solo nel non avvertire quelle implicazioni: tutta la tradizione marxista si era formata senza grande considerazione e curiosità scientifica per il “primo” Marx. La ‘Questione ebraica’ doveva in seguito assumere una luce assai nuova e significativa con la pubblicazione delle altre opere giovanili di Marx e specialmente della ‘Critica’ antihegeliana. La visione organica di tutto il primo nucleo dell’opera di Marx consente oggi di stabilire non soltanto che la riflessione teorica di Marx era incominciata proprio sul terreno dello Stato e del diritto (cosa risaputa), ma anche che il passaggio da questo campo agli studi economici e all’organizzazione della lotta politica non era avvenuto senza che Marx avesse sbozzato un’essenziale motivazione proprio sul piano della teoria dello Stato e del diritto”. [Umberto Cerroni, Teoria politica e socialismo, 1973]