“Ho raggruppato (…) le teorie principalissime in cinque gruppi e ne accennerò molto brevemente. Il primo gruppo comprende le cosiddette teorie (meteorologiche) della crisi e cioè teorie naturalistiche che vogliono spiegare l’andamento ciclico dell’economia, facendo perno su elementi esogeni al sistema economico. Così, due economisti inglesi, gli Jevons, padre e figlio, hanno spiegato le crisi partendo dall’influenza delle macchie solari sul sistema economico. Tale dimostrazione, che è divenuta “classica” piuttosto come spunto per spassose considerazioni, ha ceduto, a dire il vero, il campo ad altre spiegazioni naturalistiche che si sono presentate in modo più solido; per esempio quella che riconduce il ritmo del ciclo economico al divario di ritmo fra la produzione della materia organico ed inorganica (Sombart). Il secondo gruppo di teorie comprende le cosiddette teorie psicologiche che spiegano l’andamento ciclico dell’economia con corrispondenti movimenti di ottimismo e di pessimismo. E a questo proposito vi ricordo il nome di un economista vivente, notissimo, il Pigou. Il terzo è molto più celebre gruppo di teorie, sul quale dovremo tornare lungamente, comprende le teorie del sottoconsumo che spiegano la presentazione della crisi dando rilievo alla deficienza del reddito consumato rispetto al reddito prodotto ‘in genere’. Un economista che ha dato gran sviluppo a questa teoria (e che tra l’altro ha avuto reali meriti e qualche influenza sugli scritti di Lenin) è Hobson, studioso inglese, che partendo dalla diseguaglianza della distribuzione dei redditi in Inghilterra, deduceva la necessità di ricorrenti crisi in quanto, del reddito prodotto complessivamente da un paese, veniva consumata dalle classi più povere una parte minore di quella che sarebbe stato possibile consumare in astratto. Tale teoria del sottoconsumo, che ritorna spesso nell’economia tecnico-astratta, appare anche in Marx, ma in tutt’altra luce, e ciò vedremo in seguito. Notiamo per il momento che nelle teorie non marxiste del sottoconsumo si parla di redditi consumati rispetto ai redditi prodotti, senza notare che questa deficienza è possibile soltanto in una società divisa in classi in cui la massa dei salari non può acquistare i beni che periodicamente vengono prodotti. In altri termini, nell’economia tradizionale, questa teoria rimane nel generico in quanto, ad esempio, per uscire dal fatto “critico” del sottoconsumo non suggerisce sempre il sovraconsumo delle masse, ma spesso un aumento degli investimenti. Quindi il sotto consumo non viene mai interpretato come è stato interpretato da Marx o da qualche altro economista “sociale” ed utopista che lo precedette, come il Sismondi (e cioè come sottoconsumo delle masse lavoratrici). Un quarto gruppo di teorie fonda la sua spiegazione sul fatto della sovracapitalizzazione. Esso mette cioè in evidenza lo squilibrio fra la produzione dei beni strumentali e quella dei beni di consumo, squilibrio che sarebbe fatale allo sviluppo dell’economia e che si riprodurrebbe periodicamente. Infine, un quinto e più moderno gruppo di teorie economiche spiega il susseguirsi dei cicli economici e il presentarsi della crisi mettendo in primo piano il rapporto tra risparmio e investimento. Secondo queste teorie (fra le quali primeggia quella di Keynes), la situazione che precede la crisi è sempre una situazione di sovrarisparmio e di sottoinvestimento” [Giulio Pietranera, La teoria delle crisi capitalistiche. Economia politica. XIV lezione, Roma, 1955]