“Mi capitava spesso di parlare con Lenin della brutalità della tattica e della quotidianità rivoluzionaria. «Che volete?», chiedeva stupito e arrabbiato «è forse possibile lasciare l’umanità in questa lotta la cui ferocia non si era mai vista prima? Dov’è qui il posto per la bontà d’animo e la nobiltà di cuore? È l’Europa che ci blocca, siamo stati privati del tanto atteso aiuto del proletariato europeo. Su di noi, da ogni parte, come un orso si arrampica la controrivoluzione, e noi? Non dobbiamo, non abbiamo il diritto di lottare, di opporci? Scusate, ma mica siamo degli stupidi. Lo sappiamo: ciò che vogliamo, non può farlo nessuno tranne noi. Davvero pensate che se fossi stato convinto del contrario, sarei ancora seduto qui?». «Con che metro voi ritenete di poter misurare la quantità di colpi necessari e di colpi inutili in una guerra?», mi chiese una volta, dopo un’accesa discussione. A questa domanda potevo rispondere solo liricamente. Penso che non ci sia un’altra risposta. (…) «Ehm, Ehm», brontolava scettico Lenin in riferimento ai numerosissimi episodi di tradimento della causa da parte degli intellettuali. «Tra di noi», diceva, «ci sono coloro che effettivamente tradiscono, ingannano più spesso per vigliaccheria, per paura di confondersi, nel timore che l’amata teoria entri in sofferenza nello scontro con la pratica. Noi non abbiamo paura di questo. La teoria, l’ipotesi per noi non è qualcosa di “sacro”, per noi è uno strumento di lavoro»” (pag 92-95) [M. Gorkij, ‘Lenin, un uomo’, Sellerio editore, Palermo, 2018] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]