“G.W. (Winstanley), sempre guidato dalla «luce della ragione», svolge una sorprendente e acuta analisi del lavoro in rapporto all’accumulazione proprietaria (49). Anticipando e oltrepassando Locke e Marx, sviluppa un esame storico-economico sino a giungere al concetto di ‘lavoro personale’ come ‘unica fonte e misura di proprietà’; che ammette come lecita solo in questo caso, strettamente proporzionata alla concreta individuale operosità ed esercitata senza padroni d’alcun tipo; quindi in dimensioni ben delimitate, e in ordine al soddisfacimento dei bisogni individuali. Sì che «non vi sia un signore su l’altro, ma ognuno sia signore di se stesso» (50). Ciò che decisamente condanna è la proprietà come concentrazione egoistica di beni che viceversa appartengono o sono destinati alla collettività; e come prodotto d’una prevaricazione, d’uno sfruttamento, d’un’appropriazione fraudolenta, che è una ‘forma di rapina’. La sua idea è che ‘il lavoro e i suoi frutti sono sempre proprietà del soggetto portatore’; rigorosamente; e che mai gli debbono esser sottratti. Egli infatti, pur con linguaggio senza pretese scientifiche ma di grande chiarezza e forza profetica, avanza concetti analoghi a quelli di plusvalore e di capitale come esiti del lavoro espropriato e accumulato; o, meglio, come «proprietà privata dei prodotti del lavoro altrui» (51) nel quadro d’una società dove il lavoratore è un dipendente costretto a ‘vendere se stesso’ per ottenere i mezzi indispensabili a rigenerare la sua capacità di fatica, la sua forza-lavoro. A vantaggio dei ricchi che peccano contro Dio e contro l’uomo stesso, dice G.W.; a vantaggio dei capitalisti, dirà Marx. Il risultato è sempre uno ‘stato concorrenziale’ e pieno di feroci rivalità al suo interno; dove domina l’egoismo e lo sfruttamento; dove la ricchezza, proprio perché privata, ha in sé violenza che genera altra violenza, ingiustizia che genera altra ingiustizia, essendo il prodotto dell’oppressione ed esigendo per la sua espansione costanti ‘sacrifici umani’ (pag 130) [Giuseppe Schiavone, ‘Winstanley. Il profeta della rivoluzione inglese’, Edizioni Dedalo, Bari, 1991] [(49) W-LFC, p. 282; (49) Cfr. WD-DPO, p. 273; cfr. W-NLR, p. 197; (50) W-NLR, p. 184 (sigle degli scritti di Winstanley v. p. 263); (51) Cfr. K. Marx, ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844’, tr. it., Torino 1968, p. 29]