“Per Marx solo il proletariato è una classe rivoluzionaria, le altre o sono conservatrici perché si battono per non scomparire, o sono reazionarie perché “cercano di far girare all’indietro la ruota della storia”, oppure sono rivoluzionarie in vista del loro imminente passaggio al proletariato. Assolutamente negativo il giudizio di Marx sugli strati più miserabili della città. “Il sottoproletariato, questa putrefazione passiva degli infimi strati della società, che in seguito a una rivoluzione proletaria viene scagliato qua e là nel movimento, sarà più disposto, date tutte le sue condizioni di vita, a lasciarsi comprare per mene reazionarie” (38). “Ogni società si è basata finora sul contrasto fra classi di oppressori e classi di oppressi. Ma, per poter opprimere una classe, debbono essere assicurate condizioni entro le quali essa possa per lo meno tentare la sua vita di schiava… Ma l’operaio moderno invece di elevarsi man mano che l’industria progredisce, scende sempre più al di sotto delle condizioni della sua propria classe… Da tutto ciò appare manifesto che la ‘borghesia’ non è in grado di rimanere ancora più a lungo la classe dominante della società e di imporre alla società le condizioni di vita della propria classe come legge regolatrice…Con lo sviluppo della grande industria, dunque, vien tolto da sotto ai piedi della ‘borghesia’ il terreno stesso sul quale essa produce e si appropria i prodotti. Essa produce anzitutto i suoi seppellitori. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono del pari inevitabili (39)” [Marcello De Bartolomeo  a cura, Marx e le classi protagoniste, Roma, 1974] [(38) K. Marx F. Engels, Manifesto del Partito Comunista, p. 114; (39) Ibid., pp. 115-117]