“Ora come può il Loria non solo influire sui socialisti italiani di fine secolo, e, come vedremo, anche su quelli più accreditati, ma addirittura coprire il ruolo di esponente ufficiale della dottrina marxista, specie dopo la violenta stroncatura che di lui aveva fatto l’Engels, nella prefazione al III volume del ‘Capitale’? Una risposta esauriente la fornisce il Croce, affrontando il quesito nell’atmosfera del conferimento al Loria del premio reale dell’Accademia dei Lincei del 1895 e del rilievo che le sue teorie parevano assumere per il nutrito dibattito che su di esse si era sviluppato sulla «Critica sociale». La tesi del Croce consiste nell’individuare nelle condizioni particolari del proletariato, nell’arretratezza dell’industria, nelle abitudini politiche del nostro paese, nelle tradizioni stesse del socialismo italiano, nato come bakuninismo, la causa dell’incoerenza e dell’approssimazione teorica, secondo cui esso si va costituendo e sviluppando: «Il Loria – scrive il Croce – ha eseguito un plagio delle idee fondamentali storico-economiche del Marx, abilmente dissimulato, in modo che sembra talora una correzione, tal’altra una confutazione. Plagiando e censurando il Marx, era facile passare per pensatore di gran nerbo e più o meno socialistico». Ma a questa osservazione se ne aggiunge un’altra non meno importante. «La poca conoscenza del Marx, solita nei nostri economisti ufficiali e la confusione dottrinale in cui si agita il movimento socialistico (il quale è appena ai suoi inizi in Italia) hanno preparato il terreno pel giuoco ben giuocato» (73). Infatti la scarsa conoscenza del pensiero marxiano in un ambiente socialista, quale quello italiano che affonda le sue radici in precedenti più anarchici che socialisti, in una tradizione repubblicano-umanitaria, conciliazionistica, ostile al principio della lotta di classe, culturalmente influenzata dal positivismo, favorisce la tendenza a intendere il messaggio del Marx come una profezia, di cui si attende la data fatidica per vedere se si è o no realizzata. Quando nel mondo socialista europeo si comincia a diffondere la coscienza della mancata realizzazione delle previsioni del Marx e si prepara il clima per il revisionismo, l’ambiente italiano è particolarmente permeabile a questa temperie. La situazione si sbloccherà poi, nel 1898, in una larga messe di discussioni e di polemiche, occasionalmente originate dalla pubblicazione del saggio del Merlino ‘Pro e contro il socialismo’. Non stupisce quindi che questo fermento che si avverte nell’ambiente socialista nei confronti della dottrina di Marx abbia permesso al Loria, come scrive con caustica ironia e profondo disprezzo Antonio Labriola al Sorel nel 1897, di presentarsi come: «Ora autentico autore delle dottrine del socialismo scientifico, ora inventore dell’interpretazione economica della storia, ora tante e tante cose contrarie e contradditorie: di modo che il Loria, a sua insaputa e senza merito o colpa sua, è passato ad un tempo stesso ora per Marx, ora per anti-Marx, ora per vice, per sopra o per sotto Marx» (74)” (pag 45-47) [Dora Marucco, ‘Arturo Labriola e il sindacalismo rivoluzionario in Italia’, Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1970] [(73) B. Croce, ‘Materialismo storico ed economia marxista’, Bari, Laterza, 1961, 10a edizione, p. 24; (74) Antonio Labriola, ‘Discorrendo di socialismo e di filosofia’, a cura di B. Croce, Bari, Laterza, 1944, 4a edizione, pp. 14-15]