“L’istanza anarchico-libertaria, il rifiuto totale dell’autorità, qualunque essa sia (politica e morale: diverso è il discorso relativo all’autorità di ordine sovrannaturale), appaiono in forma anche massiccia come prodotti delle strutture della società precapitalistica. Ci si trova di fronte a un fenomeno agevolmente spiegabile. L’oppressione, la repressione del sistema sociale, sia nei confronti degli individui sia nei riguardi dei gruppi, sono talmente violente che generano come conseguenza, in molteplici occasioni, la reazione anarchica individuale, la quale talvolta può anche organizzarsi e diventare collettiva: si pensi all’attività di ideologo rivoluzionario e di dirigente di una rivoluzione di un Thomas Münzer, ovvero al movimento e alla guerra dei contadini nella Germania del secolo XVI, o ovvero al movimento degli ‘zappatori’ nella rivoluzione inglese, o ai numerosi esempi e alla casistica cui fanno riferimento Max Nettlau, Jean Maitron, il Woodcock e numerosi altri studiosi. Muovendo un passo avanti nell’osservazione dei progressi dello sviluppo industriale, si constata che, nel mondo ai primordi del processo di industrializzazione, che oggi, con giudizio storico, possiamo qualificare come paleo-capitalistico, l’istanza libertaria è presente con la sua massima forza e capacità di conquista delle coscienze, ma è limitata da un fatto determinante: infatti essa viene a coincidere con gli strati sociali più derelitti del mondo del lavoro, e in alcuni casi dello stesso movimento operaio, con quello che può venir marxianamente definito il ‘Lumpenproletariat’, o con i contadini abbandonati delle campagne meno toccate dalla civiltà. Non inconsideratamente, è evidente, Bakunin si rivolse specificatamente a tali settori, e neppure fu un caso che negli anni settanta dell’Ottocento l’anarchismo, vale a dire l’anti-autoritarismo e il federalismo di ispirazione libertaria, abbiano preceduto anche organizzativamente (o almeno per parecchio tempo abbiano proceduto parallelamente) il socialismo centralista e impegnato politicamente, proposto dal gruppo dirigente marxista della Prima Internazionale. A quanto si è detto, può venir accostata un’ulteriore considerazione, invero già avanzata da Marx e da Engels e, in Italia, negli anni ’90 del secolo scorso da Antonio Labriola, che fa operare subito un collegamento con la realtà odierna: il sottoproletariato, di cui in tal epoca è espressione l’anarchismo, ben sovente, specialmente nel caso dei dirigenti, è sottoproletariato intellettuale e «piccolo borghese», in funzione ribellistica più che non rivoluzionaria nei confronti della società contro la quale agisce” (pag 579-580) [Gian Mario Bravo, ‘Alcune riflessioni in tema d’anarchismo, oggi’, (in) ‘Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo. Atti del Convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 5, 6 e 7 dicembre 1969’, Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1971]