“In accordo con Tocqueville, che aveva già richiamato le preoccupazioni di Jefferson, Marx segnala i pericoli posti nell’esercizio del potere legislativo in quanto funzione che sancisce una realtà separata dalla società civile. Per questa via, lo stato politico può portare al ‘dispotismo’ di una parte della nazione che riesce a conquistare per via elettorale la maggioranza dei consensi. Inoltre, viene analizzata e denunciata la funzione del potere governativo-esecutivo, assimilato alle funzioni proprie della ragion di Stato. È questo l’annuncio della crisi che rimane destinata, secondo Marx ad attraversare in permanenza il parlamentarismo di tipo rappresentativo: da una parte, le difficoltà nell’attivare un congegno democratico diretto per la presa di decisione politica nel merito dei bisogni che riguardano soggetti e popolazioni; dall’altra parte, il ricorso inevitabile a Luigi Bonaparte, come Marx descriverà negli scritti sulle lotte di classe in Francia e ne ‘Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’. Vale a dire la necessità da parte di chi detiene il comando politico di ricorrere periodicamente ed inevitabilmente ad una forza concentrata che svolga la funzione decisionale senza alcuna autorizzazione legittimante da parte della popolazione. Ed ancora un altro elemento viene sottolineato da Marx: il potere governativo-esecutivo dello stato moderno produce in permanenza, quindi sui tempi quotidiani dell’esercizio del potere politico, il fenomeno della burocrazia della grande impresa statale con la esplicita finalità di realizzare insieme consenso e controllo su di una parte della società civile grazie a forme governamentali di attivo coinvolgimento di parti notevoli della popolazione: «In un paese come la Francia, in cui il potere esecutivo ha sotto di sé un esercito di più di mezzo milione di funzionari, e dispone quindi continuamente in modo assoluto di una massa enorme di interessi e di esigenze; in cui lo Stato, dalle più ampie manifestazioni della vita fino ai movimenti più insignificanti, dalle sue forme di esistenza più generali sino alla vita privata, avvolge la società borghese, la controlla, la regola, la sorveglia e la tiene sotto tutela: in cui questo corpo di parassiti, grazie alla più straordinaria centralizzazione, acquista una onnipresenza, una onniscienza, una più rapida capacità di movimento e una agilità che trova il suo rispettivo soltanto nello stato di dipendenza e di impotenza e nell’incoerenza informe del vero corpo sociale; si capisce che in un paese simile l’Assemblea nazionale, insieme alla possibilità di disporre dei posti ministeriali, perdesse ogni influenza reale, a meno che non avesse in pari tempo semplificato l’amministrazione dello Stato, ridotto il più possibile l’esercito degli impiegati, in una parola, fatto in modo che la società civile e l’opinione pubblica creassero i loro propri organi, indipendenti dal potere governativo. L’interesse materiale della borghesia francese è precisamente legato nel modo più stretto al mantenimento di quella grande e ramificata macchina statale. Qui essa mette a posto la sua popolazione superflua: qui essa completa, sotto forma di stipendi statali, ciò che non può incassare sotto forma di profitti, interessi, renditi e onorari. D’altra parte il suo interesse politico la spingeva ad aumentare di giorno in giorno la repressione, cioè i mezzi e il personale del potere dello Stato… Così la borghesia francese era spinta dalla sua stessa situazione di classe, da un lato ad annientare le condizioni di esistenza di ogni potere parlamentare, e quindi anche del suo proprio, dall’altro lato a rendere irresistibile il potere esecutivo che le era ostile» (31)” (pag 37-39) [Alessandro Arienzo Gianfranco Borrelli, ‘Emergenze democratiche, ragion d Stato, governance, gouvernementalité’, Giannini editore, Napoli, 2011] [(31) K. Marx, ‘Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’, in ‘Opere scelte’, Roma, 1966, pp. 526-527]