“Del resto, proprio grazie ai precedenti contributi teorici di socialdemocratici come Hilferding e come Kautsky, e anche come Rosa Luxemburg, i bolscevichi (soprattutto Bucharin, e poi anche Lenin) avevano potuto definire appunto «imperialistica» la guerra in atto. Il 10 aprile successivo, tuttavia, sempre a Pietrogrado, Lenin approfondì la questione, scollegandosi dalla storia della socialdemocrazia sino al 1914 e ponendosi, pur sotto le sembianze di una implacabile ortodossia, in stretto rapporto con la propria storia, quella iniziata nel 1902. A questo punto una lunga citazione è necessaria, perché è qui che, insieme alla ‘querelle’ sul nome, nasce, quindici anni dopo il ‘Che fare?’, ma prima della stesura di ‘Stato e rivoluzione’ (agosto-settembre 1917); la teoria comunista novecentesca di scuola bolscevica: «Noi dobbiamo chiamarci ‘Partito comunista’, come si chiamavano Marx ed Engels. Noi dobbiamo ripetere che siamo marxisti e che prendiamo per base il ‘Manifesto del partito comunista’, svisato e tradito dalla socialdemocrazia su due punti principali: 1. gli operai non hanno patria; la «difesa della patria» nella guerra imperialista significa tradimento del socialismo; 2. La teoria marxista dello stato, svisata dalla Seconda Internazionale. La denominazione di «socialdemocrazia» è ‘scientificamente’ falsa, come Marx dimostrò più di una volta, fra l’altro, nella ‘Critica del programma di Gotha’ nel 1875, e come ripeté in forma più popolare Engels nel 1894. Dal capitalismo l’umanità non può passare direttamente al socialismo, cioè alla proprietà collettiva dei mezzi di produzione e alla ripartizione dei prodotti proporzionalmente al lavoro di ciascuno. Il nostro partito guarda più lontano: il socialismo è inevitabilmente destinato a trasformarsi a poco a poco in comunismo, sulla cui bandiera è scritto: “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Questo è il mio primo argomento. Ecco il secondo: anche la seconda parte della nostra denominazione (‘socialdemocratici’) è scientificamente errata. La democrazia è una delle forme dello ‘stato’. Invece noi marxisti siamo contro ‘ogni’ stato» (23). Questo testo, di grande rilievo rispetto al momento in cui venne scritto (ciò che consente di negarne a priori un qualsivoglia carattere accademico), mette in luce lo straordinario scatto effettuato da Lenin, per il quale ora il partito comunista era un partito strutturalmente diverso rispetto alle socialdemocrazie (questo era chiaro sin dal 1902) perché si batteva per la realizzazione di ‘tutto’ il programma massimo, che prevedeva come tappa conclusiva del cammino umano il comunismo, esemplificato nella formula di derivazione in realtà sansimoniana «da ciascuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni», riformisticamente poi realizzata, in forme certo non sempre soddisfacenti, dal ‘Welfare State’ contemporaneo (24)” (pag 56-57) [Bruno Bongiovanni, ‘La caduta dei comunismi’, Garzanti, Milano, 1995] [(23) V.I. Lenin, ‘I compiti del proletariato nella rivoluzione’, in ‘Opere scelte’, II, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1948, pp. 35-36; scritto il 10 aprile 1917, e articolato in 19 punti, questo testo venne pubblicato, in opuscolo separato, nel successivo settembre; (24) Tre divise furono piazzate nel 1831, come sottotitolo, sul giornale sansimoniano “Le Globe” (…)]
- Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni
- Articolo pubblicato:10 Febbraio 2025