“Cafiero non rifiutava l’analisi marxista del capitale come sorgente di ogni privilegio e dello Stato borghese come riflesso del dominio borghese del capitale; il contrasto sorgeva «appunto sul ‘modo’ come operare» per ridonare alla collettività il capitale. Secondo l’interpretazione di Cafiero, la corrente marxista consigliava «un colpo di mano sulla rocca principale – lo Stato – caduta la quale in potere dei nostri, la porta del capitale sarà aperta a tutti»; mentre gli altri, i bakuninisti, e Cafiero con loro, sostenevano che bisognava «’abbattere tutti insieme’ ogni ostacolo e (…) ‘impossessarsi collettivamente, di fatto’, di quel ‘capitale’, che si vuole assicurare per sempre proprietà collettiva». La posizione marxista nei riguardi dello Stato circa le forme della lotta per abbattere il capitale e circa la posizione degli anarchici era ribadita ed espressa da Engels in quelle settimane a un corrispondente che risiedeva in Italia, Th. Cuno: «Bakunin (…) vede il maggior male da eliminare non già nel Capitale, che attraverso lo sviluppo della società crea i contrasti di classe tra capitalisti ed operai salariati, ma nello ‘Stato’. Mentre la grande massa dei lavoratori socialdemocratici pensa con noi che il potere statale non è altro se non l’organizzazione che le classi dominanti – latifondiste e capitaliste – si sono date per proteggere i propri privilegi sociali, Bakunin pretende che lo ‘Stato’ ha creato il ‘Capitale’, che il capitalista ha il suo capitale ‘soltanto grazie allo Stato’. E dal momento che lo Stato è il male principale, si deve prima di tutto sopprimere lo Stato e allora il Capitale se ne andrà da sé al diavolo. Noi diciamo invece il contrario: «sopprimete il Capitale, l’appropriazione di tutti i mezzi di produzione da parte di pochi – e lo Stato cadrà da sé». La differenza è essenziale. L’abolizione dello Stato, se non è preceduta da una rivoluzione sociale, è un nonsenso; la soppressione del Capitale costituisce appunto la rivoluzione sociale ed implica una trasformazione di tutto il modo di produzione. Ma poiché per Bakunin il male fondamentale è lo Stato, non si deve far nulla per mantenere in vita lo Stato (…). Per conseguenza, ‘astensione completa da ogni politica’” (29). La parte importante delle critiche di Engels non si adattava a Cafiero; né le critiche più importanti di Cafiero si adattavano a Engels. Dalle precisazioni epistolari di Engels e di Cafiero risultava che il contrasto, in quel momento verteva specificatamente sulle forme di lotta immediata. Per Engels, la lotta doveva svolgersi sul fronte politico per la supremazia politica del proletariato e sul fronte economico per deprimere il potere politico dei suoi nemici; Cafiero voleva la «distruzione» materiale, «di fatto», del capitale, la presa di possesso collettiva: cioè la distruzione della fattoria e della cascina, del municipio e della caserma per sostituirvi il contadino lavoratore, l’artigiano lavoratore, i quali proclamassero la collettivizzazione della proprietà e del potere decisionale. Voleva cioè, già, la ‘rivoluzione per la rivoluzione’, la rivoluzione di chi è disperato, come erano il cafone e il bracciante degli anni settanta. Cafiero non trovava nella posizione del Consiglio generale il punto d’attacco; la condizione generale dell’Italia e del Mezzogiorno non rendeva evidente questo punto d’attacco” (pag 15-16) [Gianni Bosio, ‘Carlo Cafiero’ (in) Carlo Cafiero, ‘Rivoluzione per la rivoluzione. Raccolta di scritti a cura e con introduzione di Gianni Bosio’, Samonà e Savelli, Roma, 1970] [(29) IGF, op. cit., (lettere di Engels a Th. Cuno del 24 gennaio 1872), pp. 133-134]
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- Articolo pubblicato:8 Novembre 2024