“Più radicale ancora a riguardo (sulla forza delle idee degli economisti e dei filosofi politici rispetto alla potenza degli interessi costituiti, ndr) è il pensiero di Proudhon, per il quale non è possibile «reprimere una rivoluzione, eluderla, snaturarla, e tanto meno vincerla. Più la comprimete, più aumentate la sua energia e rendete irresistibile la sua azione. Insomma è perfettamente eguale, per il trionfo di un’idea, che essa sia colpita, offesa, schiacciata sul nascere, o che si propaghi senza incontrare ostacoli» (Proudhon, 1851, p. 87) (1). Diversa, invece, com’è ben noto, è l’opinione dei marxisti per i quali è la struttura economica che determina in gran parte l’evoluzione delle idee, è «la forza delle cose» e degli interessi costituiti, che determina l’evolversi della coscienza degli individui (2). Ma Marx ha scritto anche: «L’arma della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza materiale deve essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse» (cfr. Marx, 1843, p. 96) (3). Per Marx, cioè, come scrive Camus, «se le armi fanno trionfare la teoria, allo stesso modo la teoria può suscitare le armi» (Camus, 1962, p. 221). E Gramsci interpreta il passo citato e altri passi di Marx, osservando : «Con Marx, la storia continua ad essere dominio delle idee, dello spirito, dell’attività cosciente degli individui singoli o associati. Ma le idee, lo spirito, si sostanziano, perdono la loro arbitrarietà, non sono più fittizie astrazioni religiose o sociologiche. La sostanza loro è nell’economia, nell’attività pratica, nei sistemi e nei rapporti di produzione e di scambio» (Gramsci, 1914-1918, p. 219) (4)” [Bruno Jossa, ‘La democrazia dell’impresa e i suoi nemici. (Agenda economica)’, Il Ponte, Firenze, n. 11, novembre 2008, pp. 77-95] [(1) Anche Croce ha scritto «gli sforzi della violenza, invece di distruggere (la libertà), la rinsaldano e, dove era indebolita, la restaurano» (Croce, 1993, p. 97); (2) Ha scritto, per esempio, Engels: «secondo la concezione marxiana tutta la storia fino a quella odierna, per quanto riguarda i grandi avvenimenti, si svolge inconsapevolmente» (cfr. Engels, 1890-91, p. 461); (3) Questa frase di Marx porta a dire che la potenza delle idee è una potenza reale poiché deriva dalla forza e dalle circostanze di cui esse possono impadronirsi (cfr. Balibar, 1993, p. 65). Al polo opposto bisogna ricordare l’opinione di Adorno per il quale le idee, anche se hanno conquistato le masse, possono non aver forza sufficiente per affermarsi, e l’affermazione di Marx, che anche la teoria sarebbe diventata una forza reale una volta conquistato le masse non è più convincente (Adorno, 1969, p. 29); (4) Non vi è dubbio che Gramsci è uno dei marxisti che più ha dato peso alla forza delle idee, dato che per lui «l’oggettività dell’essere sociale è fuori discussione: potenzialmente l’uomo è determinato dalla sua collocazione sociale; però la storia, nel senso proprio del termine, è il prendere coscienza di questa posizione: dunque la coscienza è, in atto, il vero soggetto della storia» (Asor Rosa, 1973, p. 552); sicché si può dire che «la scoperta delle ideologie come forze motrici reali della storia è l’dea centrali dei ‘Quaderni’ di Gramsci» (op, cit., p. 554)] [P.J. Proudhon, (1851), “Idea generale della rivoluzione nel XIX secolo”, trad. parziale it., in Ansart, 1978; F. Engels, (1890-91), “In the Case of Brentano versus Marx. Regarding Alleged Falsification of Quotations”, in Marx Engels, ‘Collected Works’, vol. 27; K. Marx, (1843), ‘La questione ebraica e altri scritti giovanili’, trad. it. di R. Panzieri, Roma, Editori Riuniti, 1978; A. Camus, ‘L’uomo in rivolta’, trad. it., Milano, Bompiani, 1962; A. Gramsci, 1914-1918, ‘Scritti giovanili’, Torino, Einaudi, 1972; T.W. Adorno, “È superato Marx”, in AaVv, 1969; E. Balibar, (1993), ‘La filosofia di Marx’, trad.it., Roma, Manifestolibri, 1994]