“Le lettere a Engels dell’estate del 1894 e le annotazioni del terzo saggio su metodo genetico del ‘Capitale’ hanno evidenziato un Labriola decisamente critico delle posizioni filo-hegeliane dell’ ‘Antidühring’. La metodologia delle scienze «positive» e l’analisi della società moderna non possono essere fondate sulla dialettica di Hegel, che descrive sommariamente (e partendo da presupposti errati) soltanto il movimento del pensiero. (…) Hegel va dunque considerato un «cane morto»? Labriola, come si desume già dalle osservazioni precedenti, non è affatto di questo avviso. Ritenere ‘errato’, sotto qualsiasi forma, un ‘ritorno a Hegel’, non significa ignorare l’importanza storica che la dialettica hegeliana ha assunto in Marx e in Engels per l’educazione del pensiero e per la strutturazione del linguaggio. Inoltre Labriola, non meno dei fondatori del marxismo, fin dagli anni giovanili ha ritenuto di individuare un aspetto cruciale della dialettica di Hegel nell’interpretazione del ciclo storico come scansione di fasi di «necessaria rivoluzione». Non è dunque casuale che quest’ultimo punto venga più volte ripreso dal nostro pensatore proprio dopo l’adesione al marxismo. Il ‘motivo dell’eversione’ emerge soprattutto nei saggi del 1895 e del 1896, che più risentono, nel taglio interpretativo, della tensione degli anni in cui Labriola ha tentato di sciogliere sul terreno di una strategia rivoluzionaria i nodi riformistici della politica del movimento operaio italiano. È questo un aspetto generalmente trascurato, ma se non si ha presente il singolare sforzo di elaborazione politica compiuto da Labriola nella prima metà degli anni ’90, diventa problematico comprendere il radicalismo teorico dei primi due saggi. In realtà rompendo fin dal 1890 con l’ideologia dello stato di diritto e assumendo il principio della lotta di classe come criterio-guida di una politica proletaria, Labriola aveva già inteso affermare che il passaggio al socialismo può avvenire soltanto per via rivoluzionaria. Il principio, ora, doveva essere ribadito teoricamente, ma anziché derivare, come negli anni precedenti, da un’analisi della realtà del tempo – peraltro descritta nell’ultima lettera a Sorel in termini di eccessiva arretratezza sociale e politica – prende corpo da un gruppo di osservazioni che esprimono un’ennesima messa a punto del rapporto tra hegelismo e marxismo. Le attese politiche suggerite dalle lotte sociali del periodo 1892-94, proprio nel momento in cui sembrano venire progressivamente meno, sono sostituite ora da una fiducia tutta teorica nella storia del domani. Senonché, una lettura ottimistica del futuro fondata solo su premesse dialettiche, mentre non dà sufficiente ragione dei giudizi pessimistici sul presente, non riesce neppure a cancellare i segni dell’ideologia dalla previsione, più o meno imminente, dell’avvento del socialismo. Nel 1871 Labriola aveva riconosciuto a Hegel il merito di avere unificato idee e storia in un processo che si attua all’infinito e di avere individuato nella contesa fra forze contrapposte la molla che fa scattare il progresso della storia. A distanza di ventiquattro anni egli torna ancora su questo tempi, descrivendo la dialettica hegeliana rivisitata da Marx negli stessi termini in cui ne parla quest’ultimo nel ‘Capitale’, e cioè come forma di immanentismo storico e di rilevamento degli antagonismi sociali tesi a un esito rivoluzionario (74). Marx e Engels, spiega Labriola nel primo saggio, «trasferirono il concetto del divenire storico per processo di antitesi, dalla forma astratta, che la dialettica di Hegel aveva per sommi capi e negli aspetti generalissimi già descritta, alla ‘spiegazione concreta’ delle lotte di classe; e quel movimento storico che era parso passaggio di una in altra forma di idee, per la prima volta intesero come transizione da una in altra forma della produzione economica (74)” (pag 92-94) [Franco Sbarberi, ‘Ordinamento politico e società nel marxismo di Antonio Labriola’, F. Angeli, Milano, 1986] [(74) Il capitale, I, cit., p. 28; (75) I S (a)., p. 485. «Le rivoluzioni – scrive ancora Labriola – nel senso più esteso della parola, e poi in quello specifico della rovina di un ordinamento politico, segnano le vere e proprie date delle epoche storiche. Guardate di lontano, nei loro elementi, nella loro preparazione e nei loro effetti a lunga scadenza, esse possono parere come i momenti di una evoluzione costante, a minimi di variazione: ma considerate per se stesse sono definite e precise catastrofi; e solo come tali catastrofi hanno carattere di accadimento storico» (II S. p. 607)] [(a) I tre saggi di Labriola ‘In memoria del Manifesto dei comunisti’, ‘Del materialismo storico’ e ‘Discorrendo di socialismo e di filosofia’ vengono citati rispettivamente con la sigla I S, II S, III S, dalla edizione einaudiana]