“Nel socialismo, in prevalenza marxista ma non soltanto tale, la forma organizzativa dominante è dunque quella dell’associazione partitica ‘di massa’. in cui l’ultimo elemento è prodotto dall’accostamento dell’avanguardia (rammento che il concetto venne elaborato da Marx e da Engels fin dalla metà del secolo XIX, e fu recepito da Lenin soltanto un cinquantennio più tardi) al movimento operaio nella sua globalità, vale a dire al movimento esprimentesi in una serie di organizzazioni concrete, tramandate dal primo associazionismo sociale: da quelle sindacali a quelle cooperative, da quelle mutualistiche a quelle ricreative, d’istruzione e così via. Tutti questi modelli e queste esperienze differenziate, sostanziate prevalentemente nella forma organizzativa ‘esemplare’ della SPD, trovano momenti e possibilità di confronto e di scambio, nelle discussioni e nelle istanze associative fornite e garantite dalla Seconda Internazionale. Con una qualche lentezza a partire dall’anno di istituzione, il 1889, e poi con sicurezza specie dopo il congresso di Londra del ’96 e l’avvio del ‘Bureau Socialiste International’ nel 1900, l’internazionalismo proletario – dizione vecchia ma ancor sempre produttiva di stimoli e di sollecitazioni – diventa fonte di ispirazione diretta dell’organizzazione socialista e di fondazione di partiti politici nei luoghi “più remoti”, almeno culturalmente nel mondo, dal Giappone a gran parte dell’Asia (si pensi all’India e alla Cina), all’America Latina a qualche fetta della stessa Africa” (pag 223) [Gian Mario Bravo ‘Associazioni partitiche e modelli organizzativi nell’età della Seconda Internazionale’ (in) Fabrizio Bracco, a cura, ‘Democrazia e associazionismo nel XIX secolo’, CET – Centro Editoriale Toscano, Firenze, 1990]