“Il libro ‘All’ombra di Marx’ di Emanuele Ronchetti aiuta a comprendere questa anomalia italiana. Anche per far fronte ad esigenze politiche immediate, la ricchezza del pensiero di Marx è stata sacrificata. La formula dogmatica, da usarsi eventualmente come parola d’ordine nella lotta in piazza e in Parlamento, ha avuto il sopravvento sulla complessità problematica. Ronchetti scava in proposito un solco che è quasi una frattura fra lo schematismo positivistico, che preferirei chiamare paleo-positivistico di Engels e l’impostazione critica rigorosa di Marx. Con lodevole sottigliezza, distingue anche in Marx l’opzione scientifica. «Fortissime preoccupazione di ogni genere – scrive Ronchetti – hanno spesso impedito di riconoscere quello che in realtà dovrebbe risultare pacifico a qualsiasi lettore non prevenuto, e cioè che l’inevitabilità dell’avvento del comunismo è tesi affermata da Marx sulla base di una certezza morale e psicologica indefettibile, indipendentemente da giustificazioni specificamente analitiche. L’individuazione di una tendenza generale dello sviluppo storico scorre parallela allo studio critico della realtà concreta ma non deriva in maniera stringente da esso» (p. 292). Nell’agile volumetto che accompagna il primo libro, assai più impegnato, Ronchetti non esita a trarre da questa distinzione capitale l’inevitabile corollario: «(Una) opzione possibile (…) è quella di chi sostiene, dall’interno ma talvolta anche dall’esterno della prospettiva marxista, che i movimenti comunisti del nostro secolo non hanno alcun diritto di richiamarsi a Marx e costituiscono piuttosto una tragica caricatura del suo pensiero e delle sue intenzioni, un vero e proprio tradimento nei suoi confronti» (p. 51). Se dovessi presentare riassuntivamente la fatica di Ronchetti direi che egli ha chiarito i tre gradini verso la conoscenza del vero Marx: 1. ha persuasivamente dimostrato la distinzione fra Marx e altri illustri pensatori del suo tempo, specialmente Darwin e Spencer, in modo tale da non cadere sotto gli strali famosi e temibili di Antonio Labriola che non a torto ironizzava, anche pesantemente, sulla «trinità», dei positivisti di fine secolo, ossia Marx, Darwin e Spencer ; 2. ha approfondito la distinzione fra Marx e Engels differenziando molto bene l’impiento dialettico di Marx da quel tanto di scientismo positivista che è presente in Engels; 3. ha tentato infine una via nuova e assolutamente originale, distinguendo fra la dialettica tutta idealistica e mistificata di Hegel e quella propriamente storica, che amerei chiamare «dialettica relazionale», di Marx – una dialettica non dogmatica, che non pretende di ipotecare e prevedere lo sviluppo storico nelle sue caratteristiche specifiche, ma che invece si apre alla ricerca sulla vita storica nel senso più ampio, fino ad accertare e accettare insieme il suo «disordine». «Solo una lettura ravvicinata – scrive Ronchetti – può consentire di uscire dalla gabbia linguistica espressa nella metafora del rovesciamento della dialettica e mostrare come la riflessione critica di Marx non sia riducibile a una presunta applicazione materialistica della dialettica, ma sia qualcosa di molto più articolato ed eclettico. È sempre possibile tradurre in linguaggio dialettico l’analisi concettiuale di Marx e certamente il suo civettare con esso ha favorito questo esercizio; resta il fatto che le sue osservazioni fanno esplodere il rigido schema formale entro cui si è voluto stringerlo (…). Nella concezione della storia marxiana il disordine occupa uno spazio che nella dialettica hegeliana gli era negato» (p. 77). (..:)” [Franco Ferrarotti (F.F.), ‘All’ombra di Marx – Un esercizio di lettura’ (by Emanuele Ronchetti, Edizioni dell’Arco, Milano, 1995, pag 365; Id., ‘Marxismo’, Ed. Bibliografica, Milano, 1995. (Schede e recensioni)] [La critica sociologica, Roma, n. 114-115, estate-autunno 1995-1996]
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- Articolo pubblicato:9 Gennaio 2025