“Ogni volta che Marx ha potuto riprendere da capo a fondo i suoi punti di vista e la portata delle sue tesi, l’ha fatto in termini tali da non lasciar sussistere alcun dubbio. Senza insistere sulla prefazione abbastanza nota della “Critica dell’economia politica” (1859), ricorderemo che, nella prefazione al “Capitale”, Marx afferma che la società moderna non può far salti e non può sopprimere per decreto le fasi del suo naturale sviluppo; essa può solo abbreviare la fase della gestazione e del parto. A tali fasi presiedono leggi naturali e tendenze che si realizzano con ferrea necessità. Sul carattere necessario, addirittura fatale, dell’evoluzione delle forze di produzione, Marx insiste espressamente in un famoso passo nell’ultimo capitolo del primo volume del “Capitale”. Esso termina con questa frase: “…la produzione capitalista genera da se stessa la propria negazione con la fatalità che presiede alle metamorfosi della natura”. Proprio in questa pagina di conclusione Marx sente il bisogno, a riprova della sua perfetta coerenza, di ricordare le pagine analoghe del “Manifesto” fornendo, così, a vent’anni di distanza, un’interpretazione decisiva. Sei anni più tardi, recensendo e approvando uno studio sulla sua opera, egli fa sua la frase sottile di un critico russo: “Marx considera il movimento sociale come una concatenazione naturale dei fenomeni storici, concatenazione sottoposta a leggi non soltanto indipendenti dalla volontà, dalla coscienza e dai progetti dell’uomo, ma che, al contrario, determinano la sua volontà, la sua coscienza, i suoi progetti…”” [Carlo Rosselli, Socialismo liberale, 1945]