“Nel 1954 e nel 1958 Hannah Arendt pubblica due fondamentali saggi sul concetto di storia e di tradizione nell’evo moderno (raccolti nel volume ‘Tra passato e futuro’ (Vallecchi, Firenze, 1970). In essi emerge una radicale presa di posizione contro la filosofia della storia: la storia non ha né senso, né esito, né teologia, né causalità. Principale obiettivo polemico di questi scritti è la linea Vico-Hegel-Marx che considera la storia ‘fatta’ dagli uomini secondo il modello della fabbricazione degli oggetti materiali. Per Hannah Arendt, intendere che la storia sia ‘fatta’ da un soggetto vuol dire ritenere che essa sia espressione di forze e strutture, sia, per così dire, manipolabile, controllabile, modellabile anche con la violenza. Nell’idea di storia che Hannah Arendt sviluppa in questi scritti dominano al contrario l’imprevedibilità, l’incalcolabilità, l’indeterminazione e l’innovazione, principi, questi, su cui poggerà la teoria dell’agire politico esposta in ‘Vita activa’. Il problema dell’agire si pone dunque per Hannah Arendt, in tensione necessaria con il non-senso proprio di una concezione della storia che mima la distruttività della manipolazione tecnica della natura riducendo i fatti, gli eventi a processi, momenti parziali, mezzi di un fine. Il non-senso del moderno prende la forma, nella prefazione (1957) al libro, di quella sorta di ribellione alla condizione umana, di esilio dalla terra, dall’unica base di permanenza, dell’unico luogo in cui l’uomo può avere dimora, che si manifesta nel lancio del primo satellite nello spazio. (…) Se si tiene presente la volontà arendtiana di ricostruire un universo concettuale e linguistico andato in frantumi, le obiezioni a cui si prestano alcune sue analisi (per esempio, quella dell’economia e del lavoro intesi semplicemente come ricambio organico tra uomo e natura) passeranno in secondo piano rispetto alla volontà di recuperare all’interno della sfera dell’agire quelle funzioni o attività che l’antitesi ‘vita activa – vita contemplativa’ ha completamente privato di rilievo. La polemica anti-marxiana nei confronti del primato del modello febbrile, produttivistico dell’azione, che attraversa l’intero libro, appare così nella sua vera luce, quella di combattere il restringimento di forme dell’esperienza che anticamente erano legate alla sfera dell’agire e della prassi. La disarticolazione delle sfere dell’economia e della politica attraverso il predominio, nel moderno, del sociale non vuol dir altro se non l’appiattimento e lo schiacciamento di quella sfera suprema di libertà a cui si riferiva il ‘bios politikos’ aristotelico, in cui il distacco dalla necessità materiale apriva lo spazio per la bellezza pubblica delle grandi azioni e delle grandi parole, per una scelta di manifestazione sulla scena del mondo e dei propri simili” (pag 143-144) [Laura Boella, ‘Vita activa’ (by Hannah Arendt, Bompiani, Milano, 1982, p. 287). (Schede), Aut Aut, Milano, n. 231, maggio-giugno 1989]
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- Articolo pubblicato:21 Gennaio 2025