“Il libro di cui si parla raccoglie brani di Marx e di Engels già contenuti nel primo dei tre volumi ‘Il marxismo e l’educazione. Testi e documenti’ (Armando, 1964) a cura dello stesso Manacorda e nella successiva sua opera, ‘Marx e la pedagogia moderna’ (Editori Riuniti, 1966). Il volume del 2008 non è però un semplice ripescaggio antologico: una nuova introduzione spiega l’odierna risonanza di quelle pagine. (…) Scrive Manacorda nella recentissima edizione: «All’inizio del Novecento il marxismo era stato “messo in soffitta” dal liberalismo di Giolitti; risorto dopo la prima guerra mondiale fu messo in galera dal fascismo. Dopo la seconda guerra mondiale, nell’Italia uscita da venti anni duranti i quali noi ragazzi avevamo sentito una sola campana (…) Marx risorse come emblema di una grande cultura da riscoprire. Di lui vi fu una duplice, opposta lettura» (p. 13). I suoi detrattori, spesso senza conoscere le opere, lo accusavano di aver schiacciato la dimensione spirituale dell’uomo e di averlo ridotto a puro e semplice ‘homo economicus’; gli amici, all’opposto, lo vedevano come un pioniere delle libertà socialiste, del sogno di un mondo di uomini liberi e “onnilaterali”. (…) Merito di Manacorda è anche di aver messo in luce interventi di Marx maturo sull’educazione, aspetto finora trascurato di regola, ma tutt’altro che secondario in lui, specie quando si scagliava contro lo sfruttamento del lavoro infantile – che riguardava perfino bambini di età inferiore ai nove anni (limite minimo fissato dai ‘Fectory Acts’, per i quali le fabbriche avrebbero dovuto provvedere alla prima istruzione – e quando denunciava il ricatto inflitto alle famiglie proletarie, minacciate di venir depravate del sussidio di povertà, se non inviavano i figli al lavoro per dodici-sedici ore e più al giorno: il più indegno modo di togliere ancora umanità a loro e ai genitori tramite una forma di reclutamento che consentiva ai padroni di risparmiare sui salari, ma del tutto lesivo della dignità umana. L’anti-utopista Marx dichiarava però irrealizzabile l’abolizione ‘tout court’ del lavoro infantile, in quanto ciò avrebbe causato la chiusura delle fabbriche e la possibilità di perdere anche quel pur misero salario. La soluzione doveva partire dalla radice, punto difficile, ma non impossibile, perché i proletari uniti erano in grado ora di lottare con successo, profittando anche dell’indebolimento del capitale per effetto delle sue magagne endogene. L’opera di coscientizzazione, comunque, non doveva esaurirsi per il proletario nella striminzita educazione concessa a denti stretti dai padroni, bensì ampliarsi nella «temprante scuola del lavoro» che avrebbe permesso al proletariato, mentre lavorava, di crescere in coscienza, cononoscenza e determinazione, grazie alla riflessione e ai rapporti con i compagni. Nei ‘Manoscritti’ del 1844 Marx aveva scritto: «(…) L’uomo fa l’uomo, fa se stesso e fa l’altro uomo (…)» (‘Opere filosofiche giovanili’, a cura di G. Della Volpe, IV ed., II rist., Roma, Editori Riuniti, 1974, p. 227). Da allora lo sviluppo tecnologico delle fabbriche nel secondo Ottocento aveva fatto passi enormi. Le mansioni erano divenute più complesse e richiedevano una formazione specifica per cui la vecchia forza-lavoro, reclutata in gran parte fra li ex-contadini e l’infanzia, era ormai inadeguata. Quindi, una nuova formazione professionale e umana. Ma quale? Dopo le denunce degli anni giovanili e le chiose del ‘Capitale’, notevoli furono gli interventi di Marx all’Internazionale dell’agosto 1869 in cui prospettò un mutamento delle condizioni sociali per creare un sistema d’istruzione a sua volta in grado di mutare dialetticamente la situazione sociale (Manacorda, 2008, p. 246). Nell’occasione Marx dichiarò la sua contrarietà all’istruzione politecnica esistente, che i padroni riducevano a un prolugamento di lavoro non pagato. Nel Congresso dell’Internazinale di tre anni prima – Ginevra, settembre 1866 -, nelle sue ‘Istruzioni ai delegati’, aveva sostenuto che l’istruzione aveva come compito di trasmettere i fondamenti scientifici basilari dei processi produttivi e degli strumenti usati (Manacorda, 2008, p. 297). Insomma, un progetto di formazione integrata a livello intellettuale, fisico e politecnico allo scopo di formare «sensi capaci» per vivere umanamente, cosicché «il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti», come già anni prima aveva asserito nel ‘Manifesto’ (Cfr. K. Marx – F. Engels, ‘Manifesto del Partito Comunista’, 15a ed., 2a rist., Roma, Editori Riuniti, 1974, p. 90)” (pag 153-155) [Antonio Santoni-Rugiu, ‘Marx educatore [Marx e l’educazione (by Mario Alighiero Manacorda, Armando, Roma, 2008, p. 272, Classici Armando)]. (Fermalibri)’, Historia Magistra’, Torino, n. 1, 2009, pag 153-156]