“Quando Marx descrive la dinamica capitalista della riproduzione espansionistica, individua le radici proprio di quel «progressivismo» di cui egli stesso è spesso vittima (come quando definisce il comunismo la società in cui lo sviluppo senza fine del potenziale umano diverrà un fine in sé). In che cosa consiste allora la «rottura epistemologica» di Marx, che comincia il manoscritto dei ‘Grundrisse’ e trova la sua espressione finale nel ‘Capitale’? Confrontiamo il punto di partenza del ‘Capitale con il punto di partenza della presentazione più dettagliata che Marx fa della sua visione giovanile, nella prima parte dell’ ‘Ideologia tedesca’. In quello che viene presentato come un riferimento ovvio al «reale processo vitale» in quanto opposto alle fantasmagorie ideologiche, l’ideologia astorica regna nel modo più puro: «I presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari, non sono dogmi: sono presupposti reali, dai quali si può astrarre solo nell’immaginazione. Essi sono gli individui reali, la loro azione e le loro condizioni materiali di vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti quanto quelle prodotte dalla loro stessa azione. Questi presupposti sono dunque contestabili per via puramente empirica. (…) Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza, un progresso che è condizione dalla loro organizzazione fisica. Producendo loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale» (13). Questo approccio materialista viene poi contrapposto in modo aggressivo alla mistificazione idealista: «Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per arrivare da qui agli uomini vivi, ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla bae del processo reale della loro vita si spiega anche lo svilppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita. Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell’uomo sono necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empicamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che a esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma sono gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale, e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza» (14)” (pag 273-274) [Slavoj Zizek, ‘Vivere alla fine dei tempi’, Ponte alle Grazie, Firenze, 2011] [(13) K. Marx e F. Engels ‘L’ideologia tedesca’, trad. it. F. Codino, Editori Riuniti, Roma, 1971, p. 8; (14) Ibid. p. 13]
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- Articolo pubblicato:29 Gennaio 2025