“N. Poulantzas, studioso di scuola althusseriana è già noto per un ampio lavoro di filosofia giuridica (‘Nature des choses et droit. Essai sur la dialectique du fait et de la valeur’, Paris, 1964); …. ma soprattutto per ‘Pouvoir politique et classes sociales de l’Etat capitaliste’ (Paris, 1968, trad. it. Roma, 1971), ampio lavoro di sistemazione della teoria marxista-leninista dello Stato e dei suoi rapporti con le classi, e al contempo critica della lettura storicistica di Marx. Egli tenta con questa ricerca di applicare ad una problematica particolare taluni dei concetti teorici già elaborati e predisposti nella sua opera precedente. Questo ‘Fascisme et dictature’ non è però lavoro di ricostruzione storiografica, bensì uno studio di «teoria politica» (p. 9). (…) In primo luogo, il fascismo si situa nello stadio ‘imperialista’ del capitalismo. L’imperialismo, però, non è semplicemente un fenomeno economico: ad esso, in quanto stadio economico determinato del modo capitalistico di produzione, corrispondono altrettanto determinate modificazioni anche ai vari livelli della sovrastruttura (politica, ideologia, diritto, ecc.) ed una loro nuova articolazione rispetto all’economia. Del tutto giustamente P. mette in evidenza che, allo stadio imperialista del capitalismo, alle ben note trasformazioni (analizzate da Lenin) nella struttura economica fanno riscontro un «ruolo nuovo» dello Stato, di cui è manifestazione un particolare interventismo nell’economia, e la formazione, sotto numerose varianti, dell’ideologia imperialista. Questo vale al livello di una singola formazione sociale nazionale, ma è altrettanto vero nel campo internazionale. Infatti è soltanto nella considerazione congiunta di economia, politica e ideologia, che è possibile fondare i concetti di «catena imperialista» e di «sviluppo ineguale» dei suoi anelli. «Lo sviluppo ineguale della catena imperialista significa tra l’altro che, a parte l’anello più debole, gli altri anelli non hanno la medesima potenza: sono anch’essi ‘relativamente’ più deboli e più forti. ‘In termini propri, la forza degli uni dipende ormai direttamente dalla debolezza degli altri, e viceversa’». E, d’altro canto, l’anello più debole è tale perché in esso si concentrano tutte le contraddizioni economiche, politiche, e ideologiche, della catena. (…) Una delle parti più interessanti dell’elaborazione di P. attiene alla natura di classe della piccola borghesia (pp. 257-267), uno dei punti nodali della teoria marxista delle classi sociali. (…) Dopo aver analizzato il campo della lotta di classe P. dedica l’ultima parte de volume allo Stato fascista. In via preliminare egli compie una rivalutazione di Gramsci sotto il profilo della concezione dello Stato. In effetti, Gramsci ha il merito di aver aperto n campo di analisi (quasi) inesplorato dal pensiero marxista; egli ha insistito sul fatto che il dominio politico non è riducibile alla nuda forza, ma implica l’esercizio di una controllo ideologico che Gramsci chiamava ‘egemonia’ (si vedano in specie le ‘Note su Machiavelli’). Egli ha anche sottolineato che lo «Stato» include organismi abitualmente considerati privati, come la chiesa, le scuole, i sindacati, i partiti, l’apparato d’informazione. P. riprende questi temi gramsciani sviluppando una teoria degli ‘apparti ideologici di Stato’ (= AIS), già sbozzata da L. Althusser (‘Idéologie et appareils idéologiques d’Etat’, in ‘La Pensée’ giugno 1970, trad. it. in ‘Critica Marxista’, 1970, n: 5), con cui peraltro egli polemizza in più punti (pp. 327-338)” (pag 279-282) [Riccardo Guastini, Nicos Poulantzas, ‘Fascisme et dictature. La troisième Internationale face au fascisme’, Paris, Maspero, 1970, pp. 402, ‘Libri’] [in ‘Movimento operaio e socialista’, Genova, n. aprile-giugno 1972]