“Ciò che urta il signor Wagner, nella mia esposizione, è che io non gli uso la compiacenza di seguire gli “sforzi” professorali tedesco-patriottici nel confondere valore d’uso e valore. La società tedesca, sia pure molto post festum, è tuttavia giunta a poco a poco dall’economia naturale feudale, o almeno dal prevalere di essa, all’economia capitalistica; ma i professori stanno ancora sempre, com’è naturale, con un piede nel vecchio sudiciume. Da servi della gleba dei proprietari fondiari essi si sono trasformati in servi della gleba dello Stato, vulgo del governo. Anche il nostro vir obscurus – il quale non ha mai rilevato che il mio metodo ‘analitico’, che non parte ‘dall””uomo” ma da un dato periodo economico della società, non ha nulla in comune con il metodo dei professori tedeschi di combinare assieme dei concetti (“con le parole si contende bene, con le parole si può costruire un sistema”) – dice perciò: “Io dò la preminenza, d’accordo con la concezione di Rodbertus e anche con quella di ‘Schäffle’, al carattere di ‘valore d’uso’ di ogni ‘valore’, e tanto più metto in rilievo la valutazione del valore d’uso ‘in quanto’ la valutazione del valore di scambio non è assolutamente applicabile a molti dei più importanti beni economici” (cosa che lo costringe a trovare delle scuse? E’ dunque come servitore dello Stato che si sente in dovere di confondere valore d’uso e valore!); “così ad esempio ‘non’ è applicabile ‘allo Stato’ e alle sue prestazioni, e neppure ad altri rapporti di economia pubblica” (p. 49 nota). Ciò ricorda gli antichi chimici, prima che esistesse una scienza della chimica, (…). Tali chiacchiere concludono a questo: poiché certi beni, come appunto ‘lo Stato’ (un bene!) e le sue “prestazioni” (ossia le prestazioni dei suoi professori di economia politica) ‘non sono’ “merci”, i caratteri opposti contenuti nelle “merci” stesse (che appaiono ‘espressamente’ anche nella ‘forma di merce’ del prodotto del lavoro) devono essere confusi l’un con l’altro. Di Wagner e consorti è del resto difficile dire che guadagnano di più quando le loro prestazioni vengono valutate secondo il loro “valore d’uso”, secondo il loro “contenuto” materiale, che non quando lo sono secondo il loro “contenuto” (determinato dalle “tariffe sociali”, come si esprime Wagner), ossia secondo la loro remunerazione. (L’unica cosa chiara che sta al fondo della confusione tedesca è che, nella lingua, le parole ‘valore’ o ‘pregio’ (Wert oder Würde) furono dapprima applicate alle cose utili stesse, che esistevano da lungo tempo, come “prodotti del lavoro”, prima di diventare ‘merci’. Ma questo ha tanto a che fare con la definizione scientifica del “valore delle merci” quanto la circostanza che presso gli antichi la parola sale fu dapprima usata per il sale da cucina e che perciò anche lo zucchero ecc., da Plinio in poi, figura come ‘specie salina’ [come tutti i corpi solidi incolori solubili in acqua e con gusto particolare], – dunque la categoria chimica  “sale” contiene in sé zucchero ecc.)” [Karl Marx, ‘Scritti inediti di economia politica’, Roma, 1963]