“Dopo contorte vicende, nell’estato 1870, in cui perfino Bismarck cercò di tirare dalla sua parte Garibaldi nella ormai programmata guerra della Prussia contro Napoleone, la scelta del generale fu notoriamente quella della «difesa» della «patria» repubblicana francese, nata il 4 settembre 1870, dopo il crollo napoleonico di Sedan. La forza del suo consenso internazionalista si manifestò soprattutto nell’organizzazione militare, da lui propugnata, di supporto ai repubblicani e poi – al contrario di quanto fece Mazzini, che entrò quindi in una durissima polemica con Marx – nella sua adesione ideale alla stessa Comune di Parigi nel marzo-maggio 1871. Fu soprattutto Engels a seguire la vicenda di Garibaldi e dei suoi volontari. La solidarietà di Garibaldi nei confronti della repubblica, la formazione del corpo di ‘franc-tireurs’, il fatto che insieme a lui oltre ai figli Menotti e Ricciotti, partecipassero numerosi suoi vecchi luogotenenti, ed egli stesso avesse assunto il comando dell’armata dei Vosgi e in Borgogna, impressionò l’informazione politica internazionale: più sul piano politico che non su quello militare, perché la milizia raccolta di 25-30.000 uomini, che raggiunsero durante alcune settimane l’entità di 50.000, italiani e spagnoli, cui si aggiunsero in gran numero ‘mobiles’ e ‘franc-tireurs’, non poté far molto contro il temprato esercito prussiano. Ancora una volta, fra i molti giornalisti e politici che seguirono con interesse o apprensione la vicenda, ci fu Engels. Egli concesse largo spazio alle brigate nelle sue assai numerose ‘Note sulla guerra’, sul quotidiano londinese «Pall Mall Gazette». La guerra di difesa della repubblica e poi l’appoggio al popolo comunardo, nonostante la debolezza, anche fisica, dell’anziano generale, furono fra i risultati conseguiti dal sostegno internazionale alla Terza Repubblica da parte delle opinioni pubbliche, anche di ampi settori di quella tedesca, nonostante i contrasti posti in essere dalle cancellerie. E sia Marx sia, per un altro verso, Bakunin si servirono tatticamente dell’ormai consolidata «conversione» di Garibaldi non solo all’internazionalismo, che congiungeva il progressismo alla «fratellanza umana», ma anche della sua scelta a favore della Parigi assediata, che si contrapponeva alla ribadita confutazione mazziniana sia degli eventi rivoluzionari parigini sia del marxismo di una parte dell’Internazionale sia dell’anarchismo di Bakunin. Ciò nonostante, dopo il ’70, Bakunin pronunciò giudizi insultanti e arroganti nei confrondi di Garibaldi. All’inverso, Marx ed Engels videro nell’italiano non tanto un «politico» della sinistra quanto il generale militante e rivoluzionario, in grado di muovere e di guidare masse imponenti. Engels intervenne ripetutamente e propose un’appassionata opinione sull’adesione di Garibaldi. L’argomentazione engelsiana fu pubblicata, come sorta di memento storico, due anni più tardi sul giornale socialista tedesco “Lo Stato popolare” (“Der Volksstaat”). Il giudizio fu reciso, netto, privo di ogni afflato retorico, e tale da mettere immediatamente in luce il rilievo di Garibaldi per il socialismo internazionale e germanico. Scrisse Engels il 2 luglio 1873, nel pieno delle polemiche fra anarchici e socialisti, che caratterizzavano il dibattito della sinistra e del movimento operaio internazionali: «In Italia, dove gli anarchici della Federazione separatista danno attualmente il tono, uno di essi, Crescio, di Piacenza, ha inviato il suo nuovo foglio, “L’Avvenire Sociale”, a Garibaldi, che questi signori considerano continuamente uno dei loro. Il foglio era pieno di grida indignate contro quello che essi chiamano “principio di autorità”, il quale è, secondo loro, la radice di ogni male. Garibaldi ha così risposto: «Caro Crescio! Ringrazio cordialmente, ecc. Lei vuole nel suo foglio combattere la menzogna e la schiavitù; è un programma molto bello. Ma io credo che la lotta contro il principio dell’autorità sia uno di quegli errori dell’Internazionale che ostacolano i suoi progressi. La Comune di ‘Parigi è caduta poiché a Parigi non esisteva alcuna autorità, ma solo l’anarchia’”. Il vecchio combattente per la libertà, il quale, nel solo 1860, ha fatto più di quanto possano tentare di fare tutti gli anarchici nella loro vita, sa apprezzare la ‘disciplina’, tanto più che egli doveva costantemente ‘disciplinare’ le proprie forze armate e lo faceva non come gli ambienti militari ufficiali mediante la disciplina militare, la minaccia costante della fucilazione, ma di fronte al nemico».” (pag 241-242) [Gian Mario Bravo, ‘Ricarda Huch – Ferdinand Lassalle – Karl Marx e Friedrich Engels’. Estratto da ‘Giueppe Garibaldi. Due secoli di interpretazioni’, a cura di Lauro Rossi, Gangemi editore, Roma, 2010]
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- Articolo pubblicato:4 Novembre 2025
