“La critica di Marx è la critica comunista alla laicità della libertà liberale che la società borghese ha posto in essere, una libertà fittiziamente universale, in quanto il particolare non coincide con il generale, il singolo non ha alcun rapporto armonico con la vita sociale. L’inevitabile conflitto tra privato e pubblico disegna una libertà di segno non positivo, ma negativo. Essa si definisce come “Il diritto di fare ed esercitare tutto ciò che non nuoce ad altri. Il confine entro il quale ciascuno può muoversi senza nocumento altrui, è stabilito per mezzo della legge, come il limite tra due campi per mezzo di un cippo. Si tratta della libertà dell’uomo in quanto monade isolata e ripiegata su se stessa”. Insomma il diritto alla libertà scaturita dall’89 “Si basa non sul legame dell’uomo con l’uomo, ma piuttosto sull’isolamento dell’uomo dall’uomo. Esso è il diritto a tale isolamento, il diritto dell’individuo limitato, limitato a se stesso” (39). Poiché questo diritto dell’uomo alla libertà non ha una conferma sociale, non è generato dalla collettività – data la divisione fra società civile e Stato, fra politica ed economia, fra pubblico e privato -, esso si risolve, nei suoi effetti pratici, nella diseguaglianza reale, nell’utilizzazione dell’uomo “della proprietà privata”, ovvero nel “diritto di godere a proprio arbitrio (‘a son grè’), senza riguardo agli altri uomini, indipendentemente dalla società, della propria sostanza e di disporre di essa”, in una parola nel “diritto all’egoismo” (40). La libertà liberale non emancipa l’uomo dalle sue determinazioni storiche concrete, che in sé riassumono la sua alienazione rispetto alla totalità sociale scissa fra universale e particolare, ma soltanto libera l’accesso ad esse, all’alienazione. Non è una libertà radicale, una libertà dall’oppressione; piuttosto è una libertà di opprimere o di farsi opprimere: “L’uomo non venne perciò liberato dalla religione, egli ricevette la libertà religiosa. Egli non venne perciò liberato dalla proprietà. Ricevette la libertà della proprietà. Egli non venne liberato dall’egoismo del mestiere, ricevette la libertà del mestiere” (41). L’uomo pertanto si riconcilierà con se stesso solo abolendo la proprietà privata perché questa genera una libertà unilaterale, quella “dell’uomo egoista (…) dell’individuo ripiegato su se stesso, sul suo interesse privato e sul suo arbitrio privato” (42)” [Giampietro Berti ‘L’uguaglianza’] [(in) ‘Dimensioni della Modernità’, a cura di Luciano Pellicani, Roma, 1999] [(39) Marx, Sulla questione ebraica, cit., p. 176; (40) Marx, Sulla questione ebraica, cit., p. 176-177; (41) Marx, Sulla questione ebraica, cit., p. 181; (42) Marx, Sulla questione ebraica, cit., p. 178. Di qui “l’antagonismo fra il comunismo e il diritto, sia politico e privato, sia nella sua forma più generale, come diritto dell’uomo”. K. Marx-F. Engels, L’ideologia tedesca, in Marx-Engels, Opere, V, 1845-1846, Roma, 1972, p. 202]