“L’atteggiamento di Engels è però spietatamente realistico: frequenti sono i cenni alla Vandea, con riferimenti alle vicende attuali della Germania, della Polonia, della Russia. Particolarmente interessante è però ‘Da Parigi a Berna’, diario di viaggio scritto nell’ottobre del 1848 e pubblicato postumo nel 1898 sulla «Neue Zeit»: il contadino francese è visto come «il barbaro in mezzo alla civiltà», è colui che ha tratto il massimo giovamento dal Terrore e ciononostante si è trasformato, in talune zone, nel massimo oppositore, per atavica diffidenza e per cupidigia sfrenata, della politica giacobina. Napoleone rovesciò poi il governo direttamente «borghese» del Direttorio e rese il contadino francese «nazionalista fino al fanatismo». Come si vede, il paradigma ‘borghese’ della Rivoluzione si rivela piuttosto complicato e Engels non manca di metterlo indirettamente in crisi. Una cosa sembra essere per lui certa: la borghesia, nella Rivoluzione, fu assai attaccata agli affari e alla speculazione, ma i contadini furono il ceto più ostinatamente attaccato alla conquista della proprietà privata e non esitarono a lanciarsi in prima persona nelle guerre europee per consolidare tale conquista. Si può forse dedurre che la via contadina è una via popolare (e più energicamente virile di quella della ‘jeunesse dorée’) alla rivoluzione borghese? E non è forse per questa ragione che Engels scrive nel 1850 sulla «Neue Rheinische Zeitung» la ‘Guerra dei contadini in Germania’? È comunque evidente che la novità della massiccia presenza della proprietà contadina, dell’«idiotismo della vita rustica» diventato forza sociale parzialmente indipendente, turba non poco le certezze e le prospettive dello storicismo materialistico. Intanto, con il 1850, anche per Engels la fase rivoluzionaria è finita. Certo, c’è ancora chi non ci vuole credere, chi continua a darsi da fare e a cospirare, ma quelli che ora affermano «che il ‘vrai peuple’ aspetta la sua occasione» – scrive Engels a Marx l’11 dicembre 1851 – «corrono il rischio di andare a finire a poco a poco nella stessa compagnia degli impotenti Giacobini del 1795-1799 e dei repubblicani del 1831-1839, e di fare una molto brutta figura». Anche per Engels, del resto, con la comparsa di un nuovo Bonaparte, è ora di finirla con la smania di ripetere le epiche gesta del passato. I rivoluzionari che non comprendono che un ciclo rivoluzionario si è concluso sono solo reduci patetici che si ostinano a giocare una partita da tempo perduta” (pag 174) [Bruno Bongiovanni, Luciano Guerci, a cura, ‘L’albero della rivoluzione. Le interpretazioni della rivoluzione francese’, G. Einaudi, Torino, 1989]
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- Articolo pubblicato:20 Ottobre 2025
