“Il materialismo storico di Marx e di Engels, se per un verso si differenzia da quello illuministico, per l’altro – muovendo da un’interpretazione del materialismo non più su base naturalistica ma storico-sociale – porta alle estreme conseguenze l’idea dell’uomo come «esistenza storica» (17). L’uomo costituisce cioè un essere la cui natura ‘è’ la storia, che qui intendo come l’insieme di quelle circostanze, di quei contesti, di quei condizionamenti in cui egli si trova a vivere, e anche di quei prodotti che crea con le sue attività (prodotti tra i quali, alla fine, arriva a essere compreso l’uomo stesso). Troviamo chiaramente affermato, nell”Ideologia tedesca’, che l’essere umano, con tutte le sue facoltà – la coscienza, il linguaggio, il pensiero – è un «prodotto sociale»: «come gli individui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono coincide dunque immediatamente con la loro produzione, tanto con ciò che producono quanto col modo ‘come’ producono. Ciò che gli individui sono dipende dunque dalle condizioni materiali della loro produzione» (18). Antonio Gramsci non farà altro che riprendere fedelmente questa interpretazione, quando scriverà che «la innovazione fondamentale introdotta dalla filosofia della prassi nella scienza della politica e della storia è la dimostrazione che non esiste una «natura umana» fissa e immutabile (concetto che deriva certo dal pensiero religioso e dalla trascendenza) ma che la natura umana è l’insieme dei rapporti sociali storicamente determinati, cioè un fatto storico» (19). L’idea secondo cui la natura dell’uomo non è un insieme di proprietà date a priori, ma un «prodotto sociale», un «fatto storico», consente di ipotizzare una situazione nella quale il superamento di strutture basate sulla proprietà privata, sullo sfruttamento, sulla lotta di classe, creerà «uomini del tutto nuovi» (20). Nella società del futuro, infatti, non incideranno più quelle contraddizioni, quei limiti, quelle distorsioni che sono stati per secoli effetto di rapporti produttivi tali da generare, nelle società di classe, i conflitti e l’ingiustizia. Come Marx aveva affermato nei ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844’, solo questa capacità di «crearsi da sé» può restituire l’essere umano alla sua indipendenza, che è tale proprio nella misura in cui egli, congedandosi per sempre dai miti della religione cristiana, non si consideri più creato da un altro (quindi, per Marx, «dipendente»), ma in grado di consistere in se stesso e per se stesso (21). L’idea di «creazione» e quella di «natura umana» sono, per Marx, strettamente unite e vanno, quindi, nella loro connessione, criticate, demistificate e superate; infatti, «per l’uomo socialista, ‘tutta la cosidetta storia universale’ non è che la ‘generazione dell’uomo dal lavoro umano’» (22). E allora l’onnilateralità dell’essere umano, non più alienata nella figura del divino, potrà finalmente realizzarsi nel mondo: «Nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico» (23)” (pag 112-113) [Roberto Gatti, ‘Natura, tecnica, politica. Rousseau e Marx’ (in) Gian Mario Bravo, a cura, ‘I dilemmi della democrazia. Rousseau tra Tocqueville e Marx’, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2013] [(17) Cfr. K. Löwith, ‘Uomo e storia’, in ‘Critica dell’esistenza storica’, trad. it, in A. Künkler Giavotto, Napoli, Morano, 1967, pp. 212 sgg; (18) K. Marx – F. Engels, ‘L’ideologia tedesca’, trad. it., di F. Codino, introduzione di C. Luporini, Roma, Editori Riuniti, 2000, p. 9; (19) A. Gramsci, ‘Quaderni del carcere’, a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, v. III, p. 1599; (20) Engels, ‘Principi del comunismo’, trad. it., in Marx-Engels, ‘Opere complete’, Roma, Editori Riuniti, 1973, vol. VI, p. 373; (21) «Un ente si stima indipendente solo appena sta sui suoi piedi, e sta sui suoi piedi appena deve la propria ‘esistenza’ a se stesso. Un uomo che vive per grazia di un altro quando non gli sono debitore del mantenimento della mia vita, bensì anche quando è esso che ha ‘creato’ la mia vita, quando è la ‘fonte’ della mia vita; e la mia vita ha necessariamente un tale fondamento fuori di sé quando essa non è la mia propria creazione. La ‘creazione’ è quindi una rappresentazione molto difficile da scacciare dalla coscienza popolare. La sussistenza per opera propria della natura e dell’uomo le è ‘inconcepibile’, perché contraddice a tutte le ‘evidenze’ della vita pratica» (Marx, ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844’, in ‘Opere filosofiche giovanili’, trad. it., a cura di G. Della Volpe, Roma, Editori Riuniti, 1977, p. 234; (22) Ivi, p. 235. Il secondo corsivo è mio; (23) Marx-Engels, ‘L’ideologia tedesca’, p. 24 (cap. I)]