“La riflessione populista, con Herzen, aveva sostenuto la necessità di superare la Rivoluzione francese, di andare oltre le libertà formali che avevano esaurito il loro valore, ma aveva condannato il Terrore, giustificabile nel 1793 ma ormai privo dell’innocenza originaria. Nel 1858 Cernysevskij, proclamandosi giacobino, aveva inaugurato un modo di procedere per analogia, o per assimilazione di termini, che peserà molto sull’avvenire, anche se la sua concezione del giacobinismo, fortemente connotata di blanquismo, si basava essenzialmente sulla presa violenta del potere da parte di una minoranza, che poi lo conservava. Dopo la rivoluzione del 1905 il dibattito aveva ripreso vigore; Plechanov nel 1902 aveva fatto scandalo per un’apologia del Terrore, Lenin affina la tesi sviluppando il concetto di una “dittatura delle classi più basse” associando “proletariato e contadini”, e riferendosi al precedente francese definisce dopo Marx il Terrore dell’anno II come il “metodo plebeo per farla finita con i nemici della borghesia, l’assolutismo, il feudalesimo e lo spirito piccolo-borghese”. Prima tappa di una riflessione destinata ad essere riformulata sull’onda delle circostanze. Ma sappiamo anche che l’interpretazione leninista suscita allora le critiche della corrente menscevica, di Martynov, contrario ad una presa del potere anche temporanea e all’idea di una dittatura rivoluzionaria nella fase di una eventuale rivoluzione borghese. Se Lenin tende a smarcarsi dal blanquismo associato all’idea del complotto, per definire il giacobinismo, al quale rivendica l’adesione, in termini di insurrezione, non sfugge alla critica di Trotsky, all’epoca menscevico, che gli attribuisce tendenze blanquiste e lo accusa di gettare un ponte fra democrazia giacobina borghese e democrazia proletaria … Senza entrare nei dettagli della disputa, possiamo concludere, con T. Kondratieva (1), che alla vigilia del 1917 è presente nei bolscevichi una oggettiva incertezza circa l’analogia che sostiene una loro filiazione diretta del giacobinismo. Ma il tema è presente, nei termini in cui lo ha definito Lenin nel 1904-1906 (‘Un passo avanti e due indietro’): il giacobinismo è la linea che propone la Rivoluzione “fino al suo esito finale” e non il “miserabile compromesso”, la linea che si fonda sull’insurrezione popolare e non sulle istituzioni rappresentative” [Michel Vovelle, Battaglie per la Rivoluzione francese, Edizioni Pantarei, Milano, 2014] [(1) Tamara Kondratieva, ‘L’impact de la Révolution française sur la conscience révolutionnaire en Russie-URSS’]  [Lenin-Bibliographical-Materials]  [LBM*]