“Inoltre, la discussione sul programma si sarebbe incaricata di dimostrare le notevoli diversità sussistenti nella formazione intellettuale dei partecipanti al dibattito e alla elaborazione programmatica, e i non meno notevoli risvolti politici di queste diversità nella formazione intellettuale. Basterà dire, per dare un termine di riferimento facilmente commisurabile, che tanto era indiscussa l’autorità politica di Lenin, e tanto esemplare era il richiamo alle posizioni politiche da lui sostenute nelle vicende della rivoluzione russa, più ancora che del movimento operaio internazionale, quanto ignota era ancora la nozione del leninismo come complesso di dottrine della strategia e della tattica della rivoluzione proletaria sul quale costruire una coerente concezione sociale e politica. Anzi, la ricostruzione della genesi del programma dell’Internazionale Comunista nelle sue successive estensioni e formulazioni conduce proprio a rintracciare una delle strade attraverso le quali la nozione teorica del leninismo si forma e si afferma sempre su scala internazionale, dilatandosi a una serie di contenuti sempre più ampi, congiungendosi e sovrapponendosi a quella di marxismo, sino a divenire «il marxismo della nostra epoca», «il marxismo dell’età dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie» e, probabilmente per l’influenza del processo di parole composte che è caratteristico della lingua russa negli anni ’20, ad assumere una espressione destinata ad avere una grande fortuna semplificatrice, a divenire il «marxismo-leninismo» (9). Né si tratta solo di una questione di termini: il problema del programma dell’Internazionale Comunista, sorto sul terreno politico, e più precisamente della definizione dei compiti immediati dei partiti comunisti in vista dei grandi obiettivi ultimi del movimento rivoluzionario, percorre tutti i principali problemi teorici del marxismo e si riempie di un contenuto ideologico corrispettivo alle motivazioni di azione politica che esso introduce nel movimento comunista internazionale. Conferma l’affermazione che l’origine del programma dell’Internazionale Comunista debba essere identificata nella svolta apportata dal III Congresso, il fatto che ad aprire la discussione relativa siano stati proprio due esponenti della tendenza che l’aveva sostenuta o considerata con particolare favore: Karl Radek e Bohumir Smeral. Com’è noto, Radek era stato autore insieme a Paul Levi della «lettera aperta» che la KPD aveva inviato agli altri partiti operai e alle organizzazioni sindacali tedesche nel gennaio 1921 per richiedere una azione in comune a favore delle rivendicazioni immediate degli operai e degli impiegati, alla lotta per i salari, per il disarmo e lo scioglimento delle formazioni militari borghesi, e per la costituzione di organizzazioni proletarie di difesa. Nonostante che tra questa «lettera aperta» e il III Congresso dell’Internazionale Comunista si collochino tutte le polemiche relative alla preparazione e all’insuccesso dell’ «azione di marzo», si guarda a ragione a quella «lettera aperta» come alla prima anticipazione della svolta prodotta dal III Congresso. Più in generale, singolare appare il ruolo di Radek nelle discussioni politiche apertesi in questi anni in seno all’Internazionale Comunista: difficilmente classificabile sulla base delle etichette correnti, spirito sarcastico ed inquieto, anche dopo la morte di Lenin mai membro costante e disciplinato di uno schieramento politico determinato, Radek si presenta nella storia dell’Internazionale Comunista nel corso degli anni ’20 come uno dei maggiori anticipatori e suscitatori dei problemi che verranno via via in discussione: dalla politica del fronte unico all’analisi del fascismo, dalla valorizzazione delle nazioni uscite sconfitte dalla guerra imperialistica ai problemi della partecipazione dei contadini alla rivoluzione proletaria in Europa e in Asia, non c’è ricerca di nuove vie della rivoluzione mondiale che lo trovi chiuso alla discussione o fermo a posizioni pregiudiziali. Se non «l’ultimo internazionalista», come lo ha definito un suo recente biografo (10) fu senza dubbio dei grandi dirigenti dell’Internazionale Comunista il più duttilmente aperto a percorrere nuove strade, quand’anche queste si presentassero divergenti l’una dall’altra o immettessero in un vicolo cieco. Una analoga funzione di «provocazione» svolgeva Radek pubblicando nel luglio 1922 un articolo ‘Sulla questione del programma dell’Internazionale Comunista’, che recava il significativo sottotitolo di «osservazioni provvisorie» (11). Radek vi affrontava il problema della possibilità e della necessità di un programma del Comintern partendo dai risultati ormai raggiunti dalla discussione politica, ossia dalla previsione di un protrarsi dei tempi di sviluppo della rivoluzione mondiale” (pag 84-86) [Ernesto Ragionieri, ‘Il programma dell’ Internazionale Comunista’, (in) ‘Problemi di storia dell’ Internazionale Comunista, 1919-1939. Relazioni tenute al Seminario di studi organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi’, a cura di Aldo Agosti, Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1974] [(9) L’espressione, nella forma dell’aggettivo «marxisti-leninisti», venne usata per la prima volta da Zinoviev nel suo articolo in morte di Lenin, pubblicato in Italia in traduzione e con titoli diversi su «l’Unità», 12 febbraio 1924 e su «Pagine rosse», a. II, n. 3, 1-5 febbraio 1924, p. 1. (…); (10) Cfr. W. Lerner, ‘Karl Radek. The Last Internationalist’, Stanford, California, 1970. Dello stesso autore si veda anche ‘Karl Radek and the Chinese Revolution, 1925-1927’, in ‘Essays in Russian and Soviet History’, in honor of G.T. Robinson, edited by J.S. Curtiss, Leiden, 1965, pp. 270-282; (11) K. Radek, ‘Zur Frage des Programms der Kommunistischen Internationale (Vorläufige Bemerkurgen)’, riprodotto nella raccolta ‘Materialien zur Frage des Programms der Kommunistischen Internationale’, Hamburg, 1924, pp. 7-13. La raccolta venne pubblicata in occasione della discussione sul programma al V Congresso del Comintern]
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- Articolo pubblicato:4 Luglio 2025