“(…) «L’aperta incredulità ha cessato di essere pure un mezzo per soddisfare la vanità (…) l’ateismo ha cessato di dare distinzione. Anzi, è diventato un segno di originalità di pensiero difendere la fede e i dieci Comandamenti (…) e la religione è ritornata di moda» (9). Engels volge appunto tutto al negativo il commento di quest’esperienza, un’aggravante (e che aggravante per un filosofo materialista non ancora marxista, ma già orientato verso il comunismo!), della suaccennata condizione di minorità della cultura britannica, del pure suaccennato asservimento di questa cultura al sistema di valori e di interessi della ‘middle class’. In tale prospettiva possono essere letti i passaggi più specifici della polemica che, nei giorni del soggiorno inglese, va ben oltre la critica dell’economia politica, non a caso comunque concepita secondo un addebito di responsabilità crescenti di generazione in generazione di economisti; tanto più mistificante, anzi disonesta, la decantazione della proprietà privata quanto più ci si avvicina al presente e della proprietà privata si rivelano in tutta evidenza le contraddizioni e le miserie. «Ad ogni progresso del tempo corrisponde necessariamente un accrescimento della sofisticheria, destinata a mantenere l’economia all’altezza del tempo. E pertanto, ad esempio, ‘Ricardo’ è più colpevole di ‘Adam Smith’ e MacCulloch’ e ‘Mill’ sono più colpevoli di ‘Ricardo’» (10). La logica di questa medesima polemica investe invero l’incultura dell’utilitarismo, rispetto al quale il commento di Engels fa da apripista alle insolenze che il marxismo maturo avrebbe rivolto al filisteismo di Bentham. Ma investe anche e soprattutto, attraverso la critica dell’incultura minore, l’incultura cioè di quei romanzi e libri di edificazione che, dice Engels, sono «le due merci più vendute della letteratura inglese» (11), la condizione dell’opinione pubblica, in quanto in realtà condizione del pregiudizio pubblico. Alla sua stregua davvero l’identità politica e l’identità religiosa convergono in una fondamentale unità di funzione, che fa della parte più responsabile dell’Inghilterra, di quella Inghilterra ammirata e presa a modello nel continente, la parte in realtà più spregevole dell’umanità. «Andate una volta fra gli inglesi colti e dite di essere cartista o democratico: si dubiterà della sanità del vostro intelletto e si eviterà la vostra compagnia. O dichiarate di non credere alla divinità di Cristo: sarete traditi e venduti; confessate infine d’essere atei: il giorno dopo si fingerà di non conoscervi» (12). Politica e religione, dunque, secondo un’esperienza comune di cui la formazione feuerbachiana del giovane Engels conduce a sottolineare gli aspetti più utili nella prospettiva di una critica che, in quanto è critica della religione, diviene strumento di comprensione e di emancipazione politica” (pag 349-350) [Claudio Palazzolo, ‘Il giovane Engels. Frammenti di un confronto di cultura e di religione’ , (in) ‘Mazzini e gli scrittori politici europei (1837-1857)’. Tomo II, a cura di Salvo Mastellone, CET, Centro Editoriale Toscano, Firenze, 2005] [(9) S.T. Coleridge, ‘The Satesman’s Manual or the Bible the Best Guide to Political Skill and Foresight (1816), in ‘Lay Sermons, ed. R.J. White, London-Princeton (vol. 6 di ‘The Collected Works of Samuel Taylor Coleridge), p. 84; (10) F. Engels, ‘Lineamenti di una critica dell’economia politica’ (‘Deutsch-Französische Jahrbücher’, 1844), in K. Marx F. Engels, ‘Opere’, III, 1843-1844, cit., pp. 456-7; (11) F. Engels, ‘La situazione dell’Inghilterra, “Past and Present” by Thomas Carlyle, London 1843 (‘Deutsch-Französische Jahrbücher’, 1844), ivi, p. 482; (12) Ivi, p. 484]