“Un esempio singolare di questa vasta operazione culturale (‘un programma di diffusione e di umanizzazione della scienza’, ndr) è rappresentato dalla «Rivista di Filosofia scientifica» stampata a Torino dal 1880 al 1891, diretta da E. Morselli e finanziata dall’editore Pompeo Dumolard. Nonostante la collaborazione di studiosi che non erano positivisti, la rivista si mosse in ambito positivistico. (…) Nelle pagine della rivista, il darwinismo fu applicato ai campi più diversi. Marinelli lo applicava alla geografia, Romiti all’embriologia, Canestrini alla biologia, Trezza alle formazioni storiche, Vignoli al pensiero, Checchia alla critica letteraria, E. Ferri, Cesare Lombroso e altri al diritto ecc. Il Sergi apriva il corso di lezioni di Antropologia all’Università di Roma nell’anno accademico 1887-1888 con una prolusione sull’evoluzione umana riaffermando la sua fede (ormai più volte espressa) sull’evoluzione fisica, completandola con la fede nell’evoluzione mentale e concludendo con la netta distinzione tra razze «dotate di qualità fisiche e mentali superiori e razze con qualità fisiche (in parte) e mentali (in tutte) inferiori». La selezione naturale ha già pronunciato il verdetto sulle razze inferiori nel momento in cui esse entrano in contatto con le superiori (39). Morselli teneva le sue lezioni sull’uomo a Torino partendo dalla teoria dell’evoluzione (40). De Dominicis, seguendo Spencer, scriveva sulla moralità come patrimonio della specie: una moralità relativa, influenzata dall’ambiente, dall’economia, dalla religione, dalla politica , dall’estetica e perfino dalla forma di governo. (…) Anche questi furono alcuni degli esiti possibili di certo naturalismo evoluzionistico. Ben lo comprese Antonio Labriola nella sua costante e lucida polemica contro i «generalizzatori del darwinismo e gli ammiratori del grande Enrico Spencer» (45). Fu perfino rimproverato da Ferri per aver scritto contro il darwinismo sociale (46). Ma egli, che aveva una vera ammirazione per Darwin (lo definisce varie volte «insigne scienziato»), che aveva proposto al Congresso di Milano di integrare il corso di laurea in filosofia con l’insegnamento delle materie scientifiche (47), non sa trattenere l’indignazione e ricorre perfino al sarcasmo della volgare cronologia quando De Bella voleva fare di Marx un positivista (48). La sua polemica non era ovviamente contro la scienza, ma contro i «facili e spensierati applicatori del darwinismo a cose e fatti e relazioni e funzioni, per le quali non furono certo escogitate le teorie dell’insigne scienziato Darwin» (49). Che un certo naturalismo mal si conciliasse con il marxismo, Labriola lo comprese bene. E non è un caso che egli ricordasse spesso la sua formazione «hegeliana» ed «herbartiana» ricevuta alla scuola di Spaventa e perseguita per sua libera elezione (50). E non è nemmeno un caso che consigliasse al giovane Croce di studiare una serie di manuali di psicologia, di logica e di estetica tutti scritti da herbartiani (51)” (pag 12-16) [Giovanni Landucci, Darwinismo a Firenze. Tra scienza e ideologia (1860-1900)’, Leo S. Olschki, Firenze; 1997] [(39) G. Sergi, ‘Evoluzione umana’, Rivista di filosofia scientifica, vol. VII, 1888, pp. 15-31; ((40) E. Morselli, ‘Antropologia generale. Lezioni sull’uomo secondo la teoria dell’evoluzione’, Torino, 1888; …. (45) A. Labriola, ‘Lettera ad Engels del 13 giugno 1894’, in ‘Scritti filosofici e politici’, cit., p. 393; (46) Nella edizione francese del noto e infelice libro di E. Ferri, ‘Darwin, Spencer, Marx’, Parigi, 1897, Ferri si riferiva ad un passo dello scritto di Labriola ‘In memoria del Manifesto’ in cui si negava la ‘derivazione’ del materialismo storico dal darwinismo, ma si sosteneva l”analogia’. Su questo argomento si veda sempre di A. Labriola, ‘Del materialismo storico’, cap. IV, in ‘Scritti filosofici e politici’, cit., vol. II, p. 545 sgg; (47) Sul Congresso universitario di Milano scrisse E. Morselli, ‘L’ordinamento didattico delle facoltà filosofiche in Italia e il Congresso Universitario di Milano, «Rivista di Filosofia scientifica», vol. VI, 1887, pp. 598-620; questo intervento era integrato dalla pubblicazione della ‘Relazione’ di A. Labriola (ivi, pp. 623-629); (48) A. Labriola, ‘Discutendo di socialismo e di filosofia’, cap. VII, ivi, p. 725 sgg.; (49) A. Labriola, ‘I problemi della filosofia della storia’, ivi, vol. I, p. 29; (50) A conferma, ricordiamo che il primo scritto di A. Labriola del 1862 era una ‘Difesa della dialettica di Hegel contro il ritorno a Kant iniziato da Zeller’. Aveva solo 19 anni e lo ricordava ad Engels nella lettera del 14 marzo 1894 sopra citata rievocando tra l’altro la rinascenza dell’«Hegellismo» nell’ambiente napoletano nel quale si era formato. Ma si veda anche la lettera del 2 gennaio 1904 inviata a B. Croce, in A. Labriola, ‘Lettere a Benedetto Croce, 1885-1904’, Napoli, 1975, pp. 371-374; (51) Ivi, p.4]