“A dispetto del rifiuto marxiano di enunciare in generale criteri di giustizia, sembra invece che si trovi nella sua elaborazione un assunto suscettibile di essere piegato in questa direzione, fino al punto di dar luogo, al limite, a una sorta di teoria della giustizia marxiana. Si tratta del principio “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”, che si trova enunciato nella ‘Critica del programma di Gotha’ e che si può leggere ponendolo a riscontro con un brano dell’ ‘Ideologia tedesca’ di cui non è del tutto chiara la paternità, ma che certamente Marx condivideva. Come si evince chiaramente da entrambi i passi, Marx ritiene che da un punto di vista “comunista” non sia conforme a giustizia premiare i talenti e le capacità, e che l’ottimale distribuzione della ricchezza sociale sia quella che ripartisce in base ai bisogni. Si legga per esempio il passo dell’ ‘Ideologia tedesca’: «Ma uno dei principi più essenziali del comunismo in virtù del quale esso si distingue da qualsiasi socialismo reazionario, consiste nella considerazione empirica che le differenze di testa e di capacità intellettuali non determinano in genere alcuna differenza di stomaco e di bisogni fisici; che di conseguenza il falso principio ‘a ciascuno secondo le sue capacità’, fintanto che si riferisce al godimento in senso stretto, deve essere trasformato nel principio: A ciascuno secondo il suo bisogno, che, in altri termini, la differenza nell’attività, nei lavori, non determina l’ineguaglianza né il privilegio nel possesso e nel godimento » (44). Ma perché dev’essere così, ovvero perché su questo punto il comunismo si distingue dal socialismo? Mi pare che una risposta si potrebbe cercare in questi termini: se i disporre di certi talenti e di certa capacità è una qualità che l’individuo ha senza proprio merito, allora non si vede perché essa dovrebbe venir remunerata. Come si deve abolire il privilegio di classe, che deriva dalla proprietà privata dei mezzi di produzione, così si deve abolire anche quel privilegio che deriva dal disporre di maggiori talenti naturali. Cosa che non accade ancora nel socialismo ovvero nella prima fase della società comunista, perché questa, pur avendo abolito le distinzione di classe, “riconosce ancora tacitamente la ineguale attitudine individuale, e quindi la capacità di rendimento, come privilegi naturali” (45). L’argomento di Marx è quindi il seguente: una distribuzione della ricchezza sociale basata sul principio “socialista” “a ciascuno secondo il suo lavoro” è imperfetta perché riconosce ancora agli individui dei privilegi non meritati. Essa, si potrebbe dire, è ancora naturalistica, perché premia l’individuo per qualcosa che egli si trova casualmente a possedere, come per esempio una maggiore attitudine a svolgere un certo lavoro e quindi una maggiore produttività. Si potrebbe dire quindi che Marx ritiene che una distribuzione in base al lavoro sia moralmente meno perfetta di una in base ai bisogni. Vi è un punto però che Marx in questa critica lascia completamente da parte, e cioè il fatto che il maggior contributo di lavoro non necessariamente deriva da maggiori capacità, ma può derivare anche da una maggiore disponibilità a impegnarsi, a sobbarcarsi impegni gravosi ecc. In altre parole: non è illegittimo considerare come identici le capacità e i meriti, come Marx sembra fare? È razionale affermare che non si dovrebbero premiare le capacità. perché di esse gli individui non hanno merito. Ma perché non si dovrebbero premiare i meriti?” (pag 121-123) [Stefano Petrucciani, ‘A lezione da Marx. Nuove interpretazioni’, Manifestolibri, Roma, 2012] [(44) Marx-Engels, L’Ideologia tedesca, cit., p. 572; (45) Marx, ‘Critica del programma di Gotha’, cit., p. 961; e si veda a questo proposito la sottile analisi di J. Texier, ‘Marx, penseur égalitaire?’, in ‘Actuel-Marx’, n. 8. 1990, pp. 45-66]