“Il processo di formazione dello Stato borghese avviene dunque a prescindere da Rousseau, al quale continuano a richiamarsi movimenti politici minoritari e ideologi isolati. Per Babeuf e Louis Blanc, Rousseau diviene il profeta della rivoluzione mancata (e tradita) e quindi il profeta di una nuova rivoluzione, quella “socialista” (19). Lo stesso Marx, soprattutto il giovane Marx, pur senza riconoscerlo esplicitamente, nell’impostare il discorso sullo Stato rappresentativo moderno sembra debitore di Rousseau non solo per quel che riguarda il punto di vista ideale che assume nella critica della dicotomia ‘citoyen-bourgeois’, ma altresì riguardo a temi dottrinali più specifici, quali la concezione della libertà come partecipazione e dell’eguaglianza, della rappresentanza e della divisione dei poteri, senza che per questo si debba giungere a considerare Rousseau un precursore di Marx (nel bene e nel male) né Marx il continuatore della linea rivoluzionaria, il rifinitore e l’integratore (attraverso lo studio dell’anatomia della società civile) della teoria politica russoviana (20). Così postulare la libertà politica non come libertà dallo Stato, ma come libertà che si realizza nello Stato e attraverso lo Stato (21), Rousseau mostra di credere che la migliore garanzia per difendere l’individuo dagli abusi del potere sia non un’astratta delimitazione della sfera di intervento dello Stato, ma l’effettiva socializzazione del potere stesso” (pag 125-127) [Virgilio Mura, ‘La teoria democratica del potere. Saggio su Rousseau’, Edizioni Ets, Pisa, 1979] [(19) Roussel, ‘J.J. Rousseau en France aprés la révolution’, cit., p. 557; (20) Sul “debito” del marxismo nei confronti di Rousseau, l’autore che si spinge più in là, che porta, come egli stesso dice, “il discorso alle sue estreme conclusioni”, è sicuramente Colletti, il quale afferma: “per quanto concerne la teoria ‘politica’ in senso stretto, Marx e Lenin non hanno aggiunto nulla a Rousseau, salvo l’analisi (certo assai importante) delle ‘basi economiche’ dell’estinzione dello Stato” (‘Rousseau critico della “società civile”‘, cit. p. 250. Il rapporto Rousseau-Marx è stato messo in rilievo in Italia, intorno agli anni quaranta, da Galvano della Volpe in una serie di scritti poi raccolti in ‘Rousseau e Marx’, Editori Riuniti, Roma, 1956. Rilevanti contributi all’arricchimento e allo sviluppo delle tesi dellavolpiane (che privilegiano eccessivamente – e immotivatamente -, all’interno delle opere di Rousseau, il ‘Discorso sull’ineguaglianza’), ha recato oltre a Colletti (…) anche U. Cerroni; (21) Colletti, ‘Rouseau politico’, cit., p. 207. La libertà di cui parla Rousseau non è tanto la libertà dell’individuo, quanto la libertà degli individui riuniti in società (…)]