“Nonostante le oscillazioni e le sue ben precise preferenze per certi contenuti a scapito di altri – e questo spiega benissimo le accuse di Hegel e Marx secondo le quali Hugo (a) avrebbe sempre difeso le ragioni del diritto e mai il diritto della ragione (17) -, questa precisazione non soltanto metodologica delle sue forme di diritto ha una notevole importanza. Le stese incoerenze cui può dar luogo sono significative. Vi si trova il riflesso della crisi del giusnaturalismo della quale Hugo fu uno dei più consapevoli interpreti e testimoni. La convivenza di istanze acutamente contraddittorie che non trovano nel suo pensiero una coerente soluzione gli dànno le sembianze di un edificio perpetuamente pericolante. A seconda del punto di vista dal quale lo si considera esso può sembrare il pensiero di un reazionario che giustifica tutta la realtà in quanto realtà giuridica, positiva, o quello di un socialista ‘ante litteram’ che giunge alla teorizzazione di un ‘Weltstaat’ in cui siano scomparse tutte le disarmonie, sia politiche che economiche, che caratterizzano la società di ogni tempo. Val forse la pena di soffermarsi un momento su questo aspetto del pensiero di Hugo (che tradisce ovviamente un’ispirazione kantiana). Nell’ideale cosmopolitico del ‘Weltstaat’ Hugo riprende un tema tipico del pensiero illuministico francese, rimesso in circolazione proprio in quel tempo dal progetto kantiano del 1795. In un certo senso la posizione di Hugo è più radicale di quella di Kant. «Lo stato di diritto, che la ragione ci prescrive, dovrebbe essere del tutto universale e tutti gli esseri razionali che si possono reciprocamente nuocere, dovrebbero essere sottomessi ad una comune, suprema autorità». Hugo dice queste cose nella quarta edizione (1819) del suo ‘Naturrecht’ (18). L’affermazione si trova anche in alcune edizioni procedenti, ed anche nella seconda del 1799. Tuttavia è interessante notare che essa viene ripresa anche in un periodo in cui, con il crollo dell’impero napoleonico, molti sogni cosmopolitici, molte idee di ‘Universalmonarchie’ erano venuti definitivamente meno” (pag 228-230) [Luigi Marino, ‘I maestri della Germania. Göttingen 1770-1820’, Einaudi, Torino, 1975] [(17) Sulle critiche hegeliana e marxista cfr. Ch. Schefold, ‘Die Rechts-philosophie des jungen Marx von 1842’, München, 1970, e la parte finale del volume di Marini, ‘L’opera di Gustav Hugo’, cit.; (18) ‘Lehrbuch des Naturrechts’, cit., 1819, pp. 103-4. Per i rapporti di Hugo con il pensiero cosmopolitico francese qualche accenno in Marini ‘L’opera di Gustav Hugo’, cit, p. 153. Su questo pensiero, oltre al cit. ‘Ewiger Friede’ di Raumer, cfr. W. Bahner, ‘Der Friedengedanke in der französschen Aufklärung’, Berlin, 1955, pp. 139-207] [(a) [Gustav Hugo, … ‘il prestigioso romanista nonché padre della scuola storica del diritto’…, p. 5]