“Ricordiamo però che il contributo che presenta maggior chiarezza e profondità nella comprensione dei problemi monetari era già stato dato dal Marx. Il Marx, pur scrivendo in un’epoca molto precedente agli scrittori che abbiamo ricordato, presenta una grande modernità di pensiero. Il Marx nel discutere la riproduzione allargata (…) espone i termini dei due settori in cui è divisa la produzione nazionale (settore primo per i mezzi di produzione e settore secondo per i beni di consumo), le sue conclusioni circa il processo di circolazione delle merci e di accumulazione del capitale. Per chiarezza si ricordano alcuni punti essenziali. Nel respingere la legge degli sbocchi del Say, Marx aveva precisato che: “se nessuno può vendere senza che un altro acquisti, è pur sempre vero che chi vende non ha subito bisogno di comprare” (Il Capitale, v. II, cap. 21). Pertanto la circolazione della merce che avviene attraverso il circolo D-M-D, può trovarsi interrotta in più punti, mediante vendite senza acquisto (accumulazione di moneta, cioè risparmio), con correlativo acquisto senza vendite (investimenti, cioè accumulazione di mezzi di produzione). Infatti ogni scambista realizza mezzo circuito in collegamento con un altro, che effettua l’altra metà. Es.: se Tizio è compratore nei confronti di Caio, allora Tizio realizza il tratto D-M (cede denaro contro merce) e Caio il tratto M-D (cede merce contro denaro). Perché il ciclo per ciascuno di essi si chiuda, Tizio deve vendere, deve cioè compiere con un altro operatore, il tratto M-D, per ritornare in possesso del capitale monetario e Caio deve realizzare il tratto D-M ancora con un altro operatore e così via. Se non si completasse il circuito, per Tizio sarebbe investimento e per Caio sarebbe accumulazione monetaria (risparmio). Tornando al nostro punto di partenza vedremo fino a che punto è possibile usare lo schema dei due settori di produzione come strumento analitico nel campo della teoria monetaria. Il Marx esamina preliminarmente i fenomeni di accumulazione all’interno del settore I. Sia A il venditore (e può stare in luogo di più venditori) e si ponga che A venda la merce a B per il valore di 600: questo valore sarà composto per esempio di 400c + 100v + 100pv. Allora A può integrare il costo della produzione, cioè 500 e tesaurizzare 100; questa somma di 100 è denaro che viene sottratto dalla circolazione: che questo denaro venga custodito direttamente o versato in banca non ha rilievo in questa fase. B intanto è entrato in possesso di mezzi di produzione che ha trattenuto e frutteranno in seguito, per ora ha effettuato un investimento. Si pone però la domanda: dove ha preso il denaro occorrente? E non basta dire che in precedenza aveva accumulato mezzi di pagamento operando come A. Tale risposta è che gli A e i B del settore I si scambiano alternativamente i mezzi monetari attraverso i tipi di scambi interrotti  e ciò è reso possibile per una massa monetaria preesistente, che viene sempre a svilupparsi di pari passo con l’allargamento della produzione ed è alimentato oltre che dall’aumento della circolazione anche “dall’intero meccanismo del credito”, che è “costantemente all’opera per ridurre ad un minimo relativamente sempre decrescente la circolazione reale del metallo, con ogni sorta di operazioni, metodi, istituzioni tecniche”. Poi viene esaminata l’accumulazione nel settore II. A del settore I monetizza il suo plusprodotto I pv, vendendo a B del settore II, quindi A I vende mezzi di produzione a B II, ma non compra da questi mezzi di consumo. A, sequestrando la corrispondente quota di mezzi di pagamento, ha reso invendibile una parte di uguale valore della produzione di B II e quindi sottoconsumo e relativa superproduzione in B II. Il capitale monetario è stato reso eccedente nel settore I  e deficiente nel settore II (p. 165 del II 2). E qui il Marx pone una semplice osservazione (e forse se questa parte non fosse rimasta sotto forma di appunti, sarebbe stata sviluppata) che compendia il meglio di tutte le moderne discussioni sul risparmio e l’investimento. Viene premesso che una parte del plusvalore viene speso come reddito e il resto trasformato in capitale. (Partire dal plusvalore o se si vuole dalla massa dei profitti, non è esagerato oggi che il risparmio al di fuori delle imprese, comprendendo in queste anche gli istituti assicurativi, casse di previdenza ecc., può considerarsi irrisorio). Dunque il risparmio da destinarsi all’investimento (accumulazione) è dato dai profitti, diminuito delle spese fatte dai percettori di profitti. Lo scopo della produzione è dato dall’accumulazione. Ecco il passo di Marx (ibidem): “In realtà una parte del plusvalore viene spesa come reddito, un’altra parte trasformata in capitale. L’accumulazione reale si svolga soltanto con questo presupposto. Che l’accumulazione si compia a spese del consumo, è di per sé in un senso così generale, una illusione  che è in contrasto con l’essenza della produzione capitalistica, poiché presuppone che lo scopo e il motivo conduttore di essa siano il consumo e non già l’appropriazione di plusvalore e la sua capitalizzazione, cioè l’accumulazione” (…)” [Antonio Pesenti, Lezioni di economia politica. La moneta, 1962]