“La coerenza della propria posizione nei confronti della guerra sarebbe stata riaffermata da Turati molti anni dopo in un importante articolo apparso sull’organo del Psuli, “Rinascita Socialista”, che, se appare particolarmente radicalizzato nel giudizio sulle forze scatenanti e sulle responsabilità della guerra (18), sembra voler suggerire tuttavia, rivendicando sia la validità della formula «non aderire e non sabotare» che quella dell’accentuazione nazionale dell’impegno dei socialisti italiani dopo Caporetto, l’impossibilità di indicare soluzioni semplificate e salvifiche a una situazione come quella creata dalla guerra. La formula di Lazzari, infatti «compendiava egregiamente il triplice nostro dovere: sconfessare i responsabili della guerra, lenire le sciagure ch’essa seminava, affrettarne al possibile la fine»; ma essa, continuava Turati, non poteva che tenere i socialisti «sul filo del rasoio» e non poteva fornire alcuna ricetta logica astratta: «Ciò si vide soprattutto dopo Caporetto, quando la guerra italiana fu – per la prima volta – guerra di difesa dei focolari, e la nostra parola e i nostri atti quella difesa avvalorarono. Anche di questa pagine siamo fieri, nella più perfetta coerenza con noi stessi» (19). La condanna dell’esperimento bolscevico in Russia e l’adesione al wilsonismo come «parafrasi» dell’aspirazione socialista a una pace fondata su nuovi e più giusti rapporti tra le nazioni (20) avrebbero costituito le coordinate entro le quali si sarebbe sviluppata l’azione di Turati, una volta sgombrato il camp delle ‘impasses’ della guerra, sul piano dei rapporti internazionali, e che può essere vista come una particolare e significativa declinazione di quella che è stata indicata in un’opera ormai classica, come l’alternativa ‘Wilson vs Lenin’ (21). La partecipazione a un processo che legava la ricostruzione di un movimento internazionale del proletariato a quella di un equilibrio europeo, a una iniziativa e «diplomazia socialista» che superasse le conseguenze della guerra , era espressa con molta chiarezza in una lettera scritta in francese di Turati a Friedrich Adler l’11.10.1922 nella quale metteva prima di tutto al corrente il dirigente socialista austriaco della costituzione del Partito socialista unitario al congresso di Roma appena conclusosi (…)” (pag 31-32) [Andrea Panaccione, ‘Turati nell’Internazionale’ (in) ‘Altri riformismi, Filippo Turati’, a cura di David Bidussa e Andrea Panaccione, Il Ponte, Firenze, n. 1-2, gennaio-febbraio 2008] [(18) “Guerra esclusivamente, eminentemente capitalistica, del più immondo e sopraffattore capitalismo; moventi di rivalità monetarie, di arraffamento reciproco di materie prime, di colonie, di mercati mondiali, conseguenze, fatalmente, di immiserimento universale e di universale oppressione. Non cascammo nella trappola delle dispute cavillose sulle responsabilità unilaterali di un conflitto, che ugualmente, in ogni Paese, tutte le plutocrazie avevano covato e preparato” (La ‘grande’ guerra e noi’, ‘Rinascita socialista’, n. 29, 1.8.1929; (19) Ibidem; (20) Cfr. l’articolo di Turati, ‘Abracadabra’, ‘Avanti!’, 25.12.1916, indicato da Leonardo Rapone, ‘Antonio Gramsci nella grande guerra’, ‘Studi storici’, 1.2007, p. 81, come l’articolo che avrebbe aperto la strada al mito wilsoniano in Italia; (21) È il titolo dell’Epilogo di Arno J. Mayer, ‘Political Origins of the New Diplomacy, 1917-1918, New Haven, Yale University press, 1959]
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- Articolo pubblicato:26 Febbraio 2025