“«Bisogna avere il coraggio di affermare che questa è ‘l’ora di Marx’», con questo ‘incipit’ deciso interviene Piero Gobetti (6) che a sostegno della sua considerazione afferma come «tra gli scrittori del secolo scorso», il filosofo di Treviri sia l’unico – assieme a Carlo Cattaneo – a poter essere ora riletto con «tanta commozione fremente e sdegnosa». Altro che revisione. Marx appare al giovane torinese sempre di grande attualità: «bisogna ristampare le pagine di critica della piccola borghesia: sono la critica del fascismo!». Così come sono ancora utili e opportuni i giudizi contro il «comunismo utopistico e anarchico» e contro «la democrazia traditrice»; questi altro non sono infatti nei tempi coevi che il «sovversivismo inconcludente» e l’«incertezza socialdemocratica», i quali hanno impedito la «rivoluzione proletaria», portando invece alla «rivolta degli spostati e dei reduci». Non tutto Marx però piace a Gobetti; se lo «seduce» ancora lo storico e l’apostolo del movimento operaio, poiché «il materialismo storico (…) e la teoria della lotta di classe sono strumenti acquisiti per sempre alla scienza sociale», non lo convince «l’economista» che gli sembra «morto» per quello che riguarda la teoria del plus-valore, l’abolizione delle classi e la società collettivistica. Rimane sempiterno il suo aver saputo dare coscienza del proprio miserevole stato ai ceti subalterni, fornendogli gli strumenti pratici e teorici adatti per mutarlo: «il movimento operaio ha avuto uno scopo e un’organicità quando egli levò il suo grido di battaglia». Cosa che invece non seppe fare Mazzini: «non è vero che Marx parli alle masse il linguaggio materialistico e Mazzini il linguaggio ideale: l’ideale di Mazzini è nebuloso e romantico, quello di Marx realistico e operoso». Gobetti conclude che se «Marx fu ‘messo in soffitta’, lo si deve alla poca lungimiranza del popolo italiano che non seppe valutare la pericolosità di Giolitti: «il giolittismo era un mussolinismo in anticipo». Il socialismo italiano non ha certo bisogno di patenti di «patriottismo» e di «democrazia» per essere accettato presso la pubblica opinione, semmai deve seguire «una linea di intransigenza senza indulgere agli avversari che sperano di attenuarne l’energia», e perciò sarà solamente nel «nome di Marx che le avanguardie operaie e le ‘élites intransigenti» libereranno la nazione dalla «minorità politica» e dall’«ossequio verso i tutori» a cui l’hanno incatenato prima Giolitti e poi il fascismo” (pag 336-337) [Nicola Del-Corno ‘Socialismo, marxismo e revisionismo nell’Italia degli anni ’20’. Il dibattito su «Libertà!»’, (in) ‘Storia e critica della politica. Studi in memoria di Luciano Russi. Atti del Convegno di studi, Teramo, 17-18 giugno 2010’, a cura di Gabriele Carletti, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2012] [(6) P. Gobetti, ‘L’ora di Marx’, in ‘Libertà!’, I, n. 7, 1924, p. 3]