“È fuor di dubbio che la ‘Déclaration’ giacobina e il suo rifacimento, a opera del movimento proletario del ‘Vormärz’, abbiano svolto un ruolo importante. I loro principi formarono l’obiettivo di lotta, attorno al quale la solidarietà sorse e venne rafforzandosi. Anche dopo il 1848, all’indomani della comparsa del ‘Manifesto’ comunista, la richiesta di diritti dell’uomo serbò intatto il proprio significato. I circoli della «fraternizzazione operaia» si fecero guidare dall’idea dei diritti dell’uomo. E cercarono di attuarla, quale valore supremo per i lavoratori, tramite il perseguimento di diritti sociali e politici, sia nella società che nello Stato. Nel medesimo periodo, la grande trasformazione strutturale della società e dell’economia venne delineandosi con più vigore anche in Germania. Già cinque anni prima della dichiarazione francofortese, Karl Marx aveva svolto un’analisi della rivoluzione industriale. Nel saggio su ‘La questione ebraica’ (1844), egli aveva smascherato e combattuto i cosiddetti diritti dell’uomo, in quanto tipici dell’individuo limitato (a se stesso) della società borghese. Nessun cosiddetto diritto dell’uomo, infatti, va oltre l’uomo egoistico. Il saggio si reggeva su due presupposti, rappresentati dall’immagine della società e dell’uomo del giovane Marx. Un intelletto critico e sottile l’aveva reso capace di scrutare a fondo l’essenza della società civile del suo tempo, tanto da scorgerne i contrasti con la società feudale del passato. L’emancipazione politica otreppassa le condizioni della feudalità. Essa cade nell’epoca in cui l’antica società si dissolve. I ceti, le gilde e le corporazioni in età feudale svolgevano compiti pubblici, esercitando funzioni che erano sociali e politiche a un tempo. Il mondo moderno postrivoluzionario, separando la società dallo Stato soppresse il carattere politico della società civile. Essa fu allora smembrata nelle sue parti costitutive: da un lato gli individui, dall’altro gli elementi materiali e spirituali che formano il contenuto della loro vita. Lo spirito politico fu concentrato nello Stato e costituito come sfera della comunità, delle questioni generali del popolo, indipendente dalla società civile. L’uomo egoistico, non più incline all’universalità, ma separato ed estraniato da essa, esige, in quanto membro della società, il riconoscimento dei diritti umani e il riconoscimento proprio tramite loro. Accanto a questa immagine della società civile, Marx situa quella dell’uomo, che deve attingere la propria emancipazione. Egli lo considera come membro della specie, unito ad altri uomini e bisognoso di loro. La libertà dovrebbe essere la condizione sociale nella quale gli uomini s’incontrano come uomini e non come esponenti di classi o titolari d’interessi e di rapporti di proprietà. Ma il diritto umano e civile alla libertà non riposa sull’unione degli uomini, quanto piuttosto sulla separazione fra uomo e uomo. Il diritto dell’uomo alla proprietà privata rappresenta la pratica utilizzazione di tale diritto alla libertà, poiché permette di godere arbitrariamente del proprio patrimonio (senza riguardo agli altri uomini e indipendentemente dalla società) e di disporne a piacimento. L’uomo egoistico è per Marx nient’altro che il membro della società civile del suo tempo, ossia un «un individuo ripiegato su se stesso, sul suo interesse privato e sul suo arbitrio privato, e isolato dalla comunità». A proteggerlo, in questa sua sfera individuale, sono i diritti dell’uomo. E allorché lo Stato si riduce a semplice mezzo per la conservazione di questi ultimi, ecco che, per Marx, anche contro di esso va condotta una lotta. Il ‘Manifesto’ comunista del 1848 dette l’avvio al generale attacco contro il vigente ordinamento borghese della società e dello Stato. Solo attraverso una rivoluzione, che dia origine alla società senza classi, il proletario potrà evolvere come uomo e come membro della specie. Ma questa visione dell’avvento della società senza classi finì per togliere ogni significato ai diritti liberali dell’uomo e del cittadino, proprio perché indicatori d’una determinata condizione della società civile. L’immagina marxiana dell’uomo in quanto membro della specie – ossia dell’uomo «vero», che ha bisogno della società, degli altri uomini, e non cerca la propria realizzazione nell’isolamento dell’individuo – è alla base di tutto il pensiero socialista e dei diritti sociali fondamentali da esso concepiti. (…) Come Marx, anche Ferdinand Lassalle rifiutò i diritti umani e fondamentali di matrice liberale. Anch’egli lo fece congiungendo, con pari energia, la riflessione filosofica e la volontà politica, senza peraltro riservare mai ai diritti una trattazione dettagliata. Se Marx s’era battuto con più vigore contro l’egoismo e l’individualismo insiti nella concezione borghese dei diritti fondamentali, Lassalle mise invece l’accento sulla vacuità e astrattezza dei diritti umani, per come apparivano agli occhi del ceto operaio, privo di possesso e non emancipato politicamente. Anch’egli, come Marx, s’era formato alla scuola di Hegel” (pag 126-128) [Gerhard Oestreich, ‘Storia dei diritti umani e delle libertà fondamentali’, a cura di Gustavo Gozzi, Laterza, Roma Bari, 2001]
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- Articolo pubblicato:6 Febbraio 2025