“E’ il leninismo e non il marxismo che ha aperto la strada alla diffusione della ideologia comunista in Cina ed in Asia: è la teoria della rivoluzione di Lenin ed in particolare la sua teoria della rivoluzione nei paesi coloniali e semi-coloniali, così come risulta dalla sua opera ‘L’imperialismo come stadio ulteriore del capitalismo’ e dalla relazione da lui presentata al 2° Congresso della Terza Internazionale, in polemica col marxista ortodosso delegato indiano Manabendra Roy (2). La tesi di Lenin, in breve, è che il carattere internazionale mondiale del capitalismo costringe a concepire la rivoluzione proletaria in termini totali e mondiali. Finché il capitalismo era stato un fatto nazionale (nell”800), il nazionalismo era apparso un fenomeno borghese, risultato dalle interne contraddizioni del mondo capitalistico e strumento in mano alle borghesie per distrarre il proletariato dalla lotta di classe. Ma nella nuova situazione creatasi, per cui le colonie erano diventate la grande riserva del mondo capitalistico, la rivoluzione nazionalista nelle colonie, anche se opera di ceti borghesi, in quanto rivolta a indebolire l’imperialismo e perciò il capitalismo sul piano mondiale, diventava obiettivamente un elemento della rivoluzione proletaria mondiale. Questa teoria di Lenin offriva agli intellettuali cinesi e degli altri paesi dell’Asia, che avevano imparato a guardare alla cultura e alla civiltà occidentale come alla sorgente del progresso, ma che erano turbati dalla contraddizione tra i principi delle civiltà occidentali e la pratica dell’imperialismo colonialista, una via d’uscita dalla contraddizione stessa. Imputando al capitalismo e non alla civiltà occidentale come tale le colpe dell’imperialismo, era giustificata l’accettazione di quegli altri aspetti della civiltà occidentale come il progresso scientifico e tecnico, la diffusione della educazione, il miglioramento delle condizioni di vita che gli asiatici tendevano a identificare con il progresso. I primi marxisti, o meglio leninisti cinesi come Li Ta-chao e Chen Tu-hsiu, il direttore e fondatore di quella rivista «La Giovinezza» di cui si è già fatto cenno, erano infatti degli intellettuali illuministi e occidentalizzati che avevano sostenuto la introduzione in Cina d’una democrazia di tipo occidentale e della scienza occidentale. Entrambi furono grandemente colpiti dalla rivoluzione russa, «l’eternamente giovane spirito del mondo che scuote da sé la polvere del passato». Li Ta-chao, che salutava la rivoluzione con queste parole, fu così bolscevico prima che marxista, essendo da questa spinto allo studio di Marx (3). Chen Tu-hsiu resisté di più su una posizione volterriana, soprattutto impegnato in una critica al confucianesimo, al buddismo e al taoismo insieme a Hu-Shih. Fu uno degli ispiratori del movimento del 4 maggio e, come abbiamo visto, del movimento per la Rinascita letteraria. Verso la metà del 1920, anche Chen Tu-hsiu si convertì al marxismo, e nello stesso tempo caddero molte riserve di Li Ta-chao. Fin dal 1918 avevano fondato presso l’Università di Pechino la Società per lo studio del marxismo. La fondazione del Partito comunista cinese si può collocare intorno al 1920″ [Giorgio Borsa, ‘L’Estremo Oriente tra due mondi’, Bari, 1961] [(2) Il 28 luglio 1920 il 2° Congresso del Comintern adottava con tre astensioni una “tesi” preparata e proposta dallo stesso Lenin sulla politica da seguire nei paesi sottosviluppati. In essa tra l’altro, era detto: « 2)  Per quanto riguarda i paesi e le nazioni più arretrate, a carattere prevalentemente feudale o patriarcale-contadino, debbono essere particolarmente tenute presenti le seguenti dichiarazioni: a) Tutti i partiti comunisti debbono appoggiare attivamente i movimenti di liberazione nazionale in questi paesi. La forma di tale appoggio dovrà essere discussa all’interno dei partiti comunisti dei paesi in questione, in quanto esistano. Questo obbligo si riferisce in primo luogo ai lavoratori del paese dal quale la nazione arretrata dipende o come colonia, o semplicemente sul piano economico. b) E’ essenziale lottare contro l’influenza reazionaria e medioevale della casta sacerdotale, delle missioni cristiane e di altri simili elementi. c) E’ necessario lottare contro il movimento pan-islamico e pan-asiatico e altre simili tendenze che cercano di combinare la lotta per la liberazione contro gli imperialismi europeo ed americano con il rafforzamento del potere e degli imperialismi turco e giapponese e della nobiltà, dei grandi proprietari terrieri, dei sacerdoti, ecc. d) E’ particolarmente importante appoggiare il movimento contadino nei paesi arretrati contro i signori terrieri e contro tutte le forme e le sopravvivenze del feudalesimo. Soprattutto si deve fare uno sforzo per dare al movimento contadino un carattere il più possibile rivoluzionario, organizzando nei Soviet i contadini e tutti coloro che sono sfruttati, stabilendo così un legame il più stretto possibile fra il proletariato comunista dell’Europa occidentale ed il movimento contadino rivoluzionario in Oriente, nelle colonie e nei paesi arretrati. e) Una lotta risoluta deve essere condotta contro ogni tentativo di contrabbandare sotto il mantello comunista movimenti rivoluzionari di liberazione nei paesi sottosviluppati che non siano veramente comunisti. L’Internazionale comunista ha il dovere di appoggiare il movimento rivoluzionario nelle colonie e nei paesi arretrati allo scopo di costituire un punto di raccolta per i costituenti dei futuri partiti proletari – che dovranno essere veramente comunisti e non tali solo di nome – in tutti i paesi arretrati, e di educarli alla coscienza della loro funzione, vale a dire a combattere contro le tendenze democratico-borghesi nel loro paese. L’Internazionale comunista deve collaborare provvisoriamente  con il movimento rivoluzionario nelle colonie e nei paesi sottosviluppati e formare con questi un’alleanza senza peraltro amalgamarvisi; deve mantenere senza condizioni l’indipendenza del movimento proletario anche se questo si trova solo in uno stato embrionale» (The Communist International, 1919-43, Documents, vol. I, p. 143; (3) Li Ta-chao nacque nell’Hopeh nel 1888; studiò economica politica nella Scuola di scienze amministrative e giuridiche di Peiyang e poi nell’Università Waseda in Giappone, specializzandosi in economia politica. Ritornato in Cina, diventò bibliotecario dell’Università di Pechino, avendo nel 1918 alle sue dipendenze quale impiegato, Mao Tze-tung. Nel 1920 fu nominato professore di storia nella stessa Università. In questi anni collaborò con Chen Tu-hsiu e Hu-Shih nella redazione di «Giovinezza nuova» e collaborò anche alla rivista studentesca «La Rinascita». Fu con Chen Tu-hsiu tra i fondatori del Partito comunista di cui divenne uno degli esponenti più influenti. Fu sommariamente giustiziato nell’aprile 1927 per ordine di Chang Tso-lin e da allora è stato sempre venerato come un martire del movimento comunista cinese] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]