“Mentre è proprio dall’idealismo idealizzare tutto ciò che tocca, onde è facile vedere che in tutta la più grande tradizione del pensiero idealistico, da Platone a Hegel, la suprema organizzazione sociale degli uomini è improvvisamente elevata alla dignità di persona morale e trasportata dalla sfera reale della storia alla sfera metaforica delle idee, le correnti positivistiche, ispirate dalle scienze della natura e guidate dal metodo sperimentale, sono portate, anche per naturale reazione alla mitizzazione idealistica, a ridurre ogni vero o presunto valore a fatto storico, a smascherare i falsi misteri, a capovolgere ogni processo spirituale in processo tecnico. Non è un caso anche qui che la più esplicita affermazione del valore puramente strumentale dello Stato sia stata fatta, nel momento in cui si è aperta la crisi della grande filosofia hegeliana e il positivismo si avviava a diventare la filosofia dominante, e nella vita politica la restaurazione conservatrice del principio legittimistico si andava dissolvendo nelle sue correnti, più aderenti alla realtà sociale allora in formazione, del radicalismo democratico, sia stata fatta insomma dal teorico del materialismo storico ed eversore della filosofia hegeliana, Karl Marx. Quando Marx dice che lo Stato è un apparato permanente di pubblici funzionari, burocrazia, esercito, polizia, di cui la classe dominante si vale per conservare il proprio potere, esprime con la massima chiarezza la formula dello Stato tecnico. Non vi è accadimento della storia del pensiero che più di questa antitesi tra maestro e discepolo sia atto a mostrare nella sua nudità e nella sua irriducibilità il contrasto tra le due diverse concezioni dello Stato, che sorte, come si è visto, dall’entificazione di due momenti non dialettizzati dell’identica realtà, diventano due astrazioni che finiranno per escludersi vicendevolmente. E difatti a Hegel si richiamano, in minor o maggiore misura, le dottrine che affermano l’eticità dello Stato da quella di Binder in Germania a quella del Gentile in Italia, così come a Marx si ricollegano, direttamente o indirettamente, i sostenitori dello Stato tecnico come, ad esempio il Lenin nel suo scritto ‘Stato e rivoluzione'” (pag 77-78) [Norberto Bobbio, ‘Tra due repubbliche. Alle origini della democrazia italiana’, Donzelli editore, Roma, 1996]