‘Quando Carlo Marx e Federico Engels udirono alcune delle idee espresse da persone che si facevano chiamare socialisti, ne furono così disgustati che decisero di chiamarsi “comunisti” per distinguersi da quella variopinta folla di riformisti. Gli Industrial Workers of the World fanno bene ad usare il termine “compagno-operaio” invece dell’abusato nome di “compagno”. “Compagno” ha finito con l’indicare un uomo con i capelli lunghi ed ogni donna con i capelli corti che abbiano un piano bello e pronto per un nuovo sistema sociale, una qualche critica per l’ordine esistente o un’infarinatura di economia. Vengono considerati “compagni”: chi si fa promotore del controllo delle azioni delle miniere, il rivoluzionario che non vuole toccare la proprietà ma ridistribuire il reddito, il socialista dell’ufficio postale, quelli che lottano contro le tasse indirette, chi si batte perché la proprietà passi nelle mani dei consigli municipali, i più timidi tra gli avvocati, preti vocioni pieni di pustole, piccoli commercianti un po’ ladruncoli e perfino gli appartenenti alle forze armate. Molti datori di lavoro sono di “cari compagni” ma chi ha avuto la sventura di lavorare come uno schiavo per uno di loro sa che con loro non vi può essere alcun interesse comune. La parola “compagno”, una volta elemento di distinzione, adesso è una rovina. Ma “compagno-operaio” è una parola che significa qualcosa, che esprime un’idea. È una parola di classe: il vostro padrone non può usarla, nessun parassita può usarla. Sta a significare chi lavora con te in fabbrica, chi effettivamente produce, chi, in qualunque parte del mondo, effettivamente lavora. È un termine che si può applicare solo a coloro che lavorano nelle miniere, nelle fabbriche, nei boschi e nei campi. Si riferisce al complesso dell’attività industriale ed è l’unico termine che si accompagna bene alla frase: «Tuo per la libertà industriale». “Compagno-operaio” non è certo molto distinto, ma “compagno” è diventato così rispettabile agli occhi della classe che ci governa che di conseguenza ha perso la maggior parte del suo significato per il lavoratore che non ha nessun tipo di proprietà’ (pag 187-188) [da ‘Industrial Worker’, 14 maggio 1910] [(in) ‘Gli IWW e il movimento operaio americano. Storia e documenti 1905-1914’, a cura di Renato Musto. Thélème, Napoli, 1975]