“La repubblica islamica ricorse addirittura a consulenti del Fondo monetario internazionale per essere consigliata sul cambiamento del corso economico. Anwar al-Sadat si sarebbe sentito come a casa sua. La purezza della società è messa al primo posto dalla dottrina ufficiale, ma c’è chi sostiene che la rivoluzione non abbia avuto molte ripercussioni su gran parte della vita quotidiana. È vero che il vestiario delle donne è stato regolato con maggior rigidità, ma è anche vero che le ragazze continuano ad andare a scuola e le donne ad avere il diritto di voto. In sostanza, la richiesta della rivoluzione relativa alla purezza della società può essere posta sullo stesso piano della richiesta dei rivoluzionari francesi di una società basata sulle «virtù repubblicane», e persino della richiesta di equità sociale avanzata dai terzomondisti. Certo, la rivoluzione islamica si è richiamata al modello della prima comunità islamica, ma quale rivoluzione non s’è voltata indietro a guardare un passato più o meno remoto? Come ha scritto Karl Marx più di cent’anni prima della Rivoluzione iraniana: «Proprio nel momento in cui gli uomini sembrano impegnati a rivoluzionare le cose e se stessi (…) utilizzano al proprio servizio gli spiriti del passato, ne assumono il nome, ne adottano le grida di battaglia e i costumi per realizzare una nuova scena storica con i costumi e la lingua di quel passato venerato. Così Lutero si mascherò da apostolo Paolo e la rivoluzione del 1789-1814 vestì, alternativamente, i panni della repubblica romana e dell’Impero romano”. Va inoltre ricordato, per la precisione, che rifiuto dell’occidentalizzazione e adozione dell’«autenticità culturale» sono parte integrante della tradizione culturale occidentale e, in particolare, del romanticismo ottocentesco. La Rivoluzione iraniana può avere attinto al modello rivoluzionario occidentale anche per altro verso. Dopo il regno del Terrore della Rivoluzione francese, i moderati presero il sopravvento e posero fine agli eccessi rivoluzionari degli estremisti. Poiché ciò avvenne nel mese di Termidoro, gli storici hanno preso l’abitudine di chiamare «Termidoro» il periodo di relativa calma e ricostruzione che normalmente segue all’iniziale vampata rivoluzionaria” (pag 366-367) [James L. Galvin, Storia del Medio Oriente moderno, Einaudi, Torino, 2009]