“È Lenin stesso a organizzarne la partecipazione al II Congresso riservandogli “un’affettuosa, festosa accoglienza” (81). Bordiga è soltanto un invitato, ma interviene più volte nei dibattiti, marcando il suo radicale, generale dissenso dai riformisti italiani presenti, accolti a Mosca con immeritatissimi onori. Alla sua iniziativa si deve anche una delle 21 condizioni di ammissione all’Internazionale, la sola non proposta dai bolscevichi, volta a rendere il più difficile possibile la presenza di riformisti camuffati nelle sue file. Bordiga partecipa al II, IV e V congresso dell’Internazionale in maniera attiva e aperta, rifuggendo da ogni sorta di sotterfugio tatticista quando emergono differenze di vedute con l’autorevole direzione dell’Internazionale. Accetta di piegarsi più volte, per disciplina, alle sue decisioni pur non condivise, meritando da Zinoviev il titolo di “soldato della rivoluzione”. Lo farà fino a quando non vedrà in esse un rischio di completo deragliamento dai principi fondativi del comunismo marxista. La rivoluzione russa, il bolscevismo, l’Internazionale hanno avuto una importanza ‘determinante’ nel processo di formazione di Bordiga e della Sinistra comunista in Italia. Lo si vedrà anche nel secondo dopoguerra. E tuttavia, se si considera la storia dell’Internazionale e il ciclo rivoluzionario del 1917-1923 come una ‘totalità’, vale anche l”inverso’: Bordiga, il Pcd’I, il movimento proletario italiano sono stati una componente viva dello sforzo titanico compiuto da milioni di sfruttati e da centinaia di migliaia di militanti comunisti per aprire la strada ad una nuova epoca storica segnata dal rivoluzionamento dei rapporti politici, economici, sociali capitalistici. Sebbene proprio nel secondo congresso si sia raggiunto il punto massimo di convergenza tra le posizioni di Bordiga e quelle dell’Esecutivo dell’Internazionale, anche in esso nasce una disputa con Lenin intorno al tema del parlamentarismo o anti-parlamentarismo rivoluzionario. Tale circostanza ha generato un’infondata leggenda: che il dissenso che ha opposto in modo sempre più acuto Bordiga e la direzione bordighiana del PCd’I alla direzione dell’Internazionale sia stato incentrato sulla questione della partecipazione alle elezioni ‘versus’ l’astensionismo di principio. Togliatti e soci l’hanno costruita e alimentata per mettere in caricatura la battaglia teorica e politica contro la superstizione, le illusioni, la truffa delle elezioni democratiche, che fu parte integrante dell’opera preparatoria della fondazione del PCd’I. Le cose stanno diversamente. Si potrà dire: certi atteggiamenti di Bordiga, certi suoi scritti dai toni assoluti e generali, e dunque “di principio”, il suo stesso insistere sull’astensionismo come caratteristica distintiva del suo gruppo, vi hanno contribuito, ‘ed è certamente così’. Lo stesso Bordiga lo ha riconosciuto nel secondo dopoguerra (82). Nondimeno ogni volta che, prima nel PSI, poi nell’Internazionale, Bordiga è costretto a scegliere tra il suo convinto astensionismo attivo e la disciplina di partito che implicava la partecipazione alle elezioni, non ha esitazioni: “La centralizzazione è il cardine del nostro metodo teorico e pratico: come marxista, prima sono centralista e poi astensionista” (83). Questo accadeva nel 1919 quando è a capo della frazione comunista astensionista del PSI, l’anno seguente a Mosca, al II Congresso; nel 1921, alla guida del PCd’I, quando sostenne che è giusto partecipare alle elezioni in una fase di reazione politica; nel 1924, quando è all’opposizione dentro il PCd’I, e oltre a condividere la presentazione alle elezioni politiche, definita da lui “atto politico felicissimo”, impone il rientro dei deputati comunisti in parlamento contro la “ridicola fase della uscita” (Aventino) decisa dalla nuova direzione centrista (84)” (pag 63-64-65-66) [(81) Cfr. G. Pannunzio, ‘Ciò che ho visto nella Russia bolscevica (giugno-settembre 1920), Libreria editrice dell’Alleanza Cooperativa Torinese, Torino, 1921, pp. 13-14; (82) Lo ricorda L. Gerosa nella sua ‘Introduzione’ al IV volume degli ‘Scritti 1911-1926’, cit., nota 40, riportando un passo di Bordiga del 1953: “La questione posta troppo in generale era difficile, e tutti i comunisti italiani si rimisero alla decisione del II Congresso di Mosca (giugno 1920), essendo chiara la soluzione: in principio, tutti contro il parlamentarismo; in tattica, non bisogna stabilire né la partecipazione sempre ed ovunque, né il boicottaggio sempre ed ovunque”. In effetti il suo discorso “sulla questione del parlamentarismo” al II Congresso dell’Internazionale ebbe proprio il difetto di porre la questione “troppo in generale”, anche se neppure la replica di Lenin fu una delle sue più memorabili; (83) Cfr. A. Bordiga, ‘Scritti 1911-1926’…, vol. V., cit, p. 205; (84) Non a caso il discorso di rientro in parlamento è affidato al bordighiano Luigi Repossi, ed è un discorso così duro ed efficace da provocare un tentativo di assalto fascista all’oratore. Guardando indietro a quegli anni, nelle ‘Tesi caratteristiche del Partito’ del dicembre 1951, Bordiga afferma: “L’opposizione in seno al Partito Comunista d’Italia e all’Internazionale Comunista non si fondò sulle tesi dell’astensionismo, bensì su altre questioni di fondo”, cit. in S. Saggioro, ‘Né con Truman né con Stalin. Storia del Partito Comunista Internazionalista (1942-1952)’, Edizioni Colibrì, Torino, 2010, p. 363] [Pietro Basso, ‘Amadeo Bordiga, una presentazione’, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2021] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]